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Da Gaza a Barcellona, fermenti mediterranei scrutati dagli Usa

Il sito di riflessione strategica americana Stratfor (oggetto di attacchi informatici nel dicembre 2011 riconducibili all´Iran), propone una lettura di questi caldi giorni mediterranei sotto il segno di un asse geografico inedito: quello tra Gaza e Barcellona.

Due grandi città (rispettivamente mezzo milione e un milione e mezzo di abitanti circa) che si affacciano ai due estremi del Mare nostrum e che sono attraversate da fermenti simili, tra ribellismo postmoderno e una memoria storica intrisa del sangue versato in guerre civili e internazionali.

Gaza è anche stata, per una breve stagione, la meta di “brigate internazionali” come quelle che si raccolsero a Barcellona tra il 1936 e il 1939, eserciti di civili, Ngo e simpatizzanti europei, (prevalentemente francesi ed italiani (ancora una volta il fattore del subbuglio mediterraneo) e più recentemente turchi. La chiave con cui George Friedman, fondatore e direttore del centro studi, interpreta l´analogia tra Catalogna e Palestina è il “nazionalismo romantico” ottocentesco, fondato sul diritto delle nazionalità ad autodeterminarsi e su un delicato equilibrio tra aspirazioni liberali (la comunità internazionale) e radici esclusiviste. Tutto questo è emerso con chiarezza adamantina nella vicenda del sionismo tra il 1897 (anno di costituzione del movimento sotto la guida di Theodore Herzl) e il 1948 (anno di fondazione di Israele). Nella fase fondativa di Israele l´ala sionista liberale comprendeva perfino elementi marxisti, tutti orientati alla nascita di Israele come fattore di giustizia e contributo alla convivenza internazionale, mentre i revisionisti, attaccando su fondamenti realistici il sionismo socialista e laburista, affermavano il primato della difesa e della conquista militare del territorio.

Oggi, sostiene Friedman, non ci sono rumori di sciabole in Europa, ma la crisi economica ha reso meno improbabile il ricorso all´elemento etnico-nazionale come strumento per scaricare su altre comunità il peso della crisi e della ristrutturazione. In fondo non va dimenticato che il processo di disgregazione dei Balcani data soltanto una ventina d´anni (l´ultimo nato, il Kosovo, è del 2008), e che da allora sono nati micro-Stati che vivono sulla propria pelle, e ripropongono all´Europa colpevolmente immobile, il dilemma nazionale e i limiti della sua forma romantica, che spinta fino in fondo produce mappe irrazionali, ingestibili e permanentemente instabili. Nessuno, d´altronde riesce ancora a districarsi nel labirinto di sovranità che dovrebbe produrre la felice formula “due popoli, due Stati” in Terra Santa: espressione massima di apparente razionalismo liberale, nella realtà è già un incubo di confini elettronici, barriere, strade e villaggi tagliati in due, corridoi asfittici tra enclave ed exclave, ecc.

Tornando a Madrid, il governo spagnolo farebbe bene ad ascoltare anche questa voce: Stratfor d´altronde rappresenta implicitamente gli interessi militari Usa in Spagna, concentrati nelle basi Nato nel Sud del Paese. Anche questi fattori pesano, e peseranno nel bilancio finale di scelte che passeranno nei prossimi mesi da Bruxelles e da Barcellona.

 



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