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Crimea, prima sovrana poi sottomessa

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Marco Bertoncini apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Non sarebbe una novità se la Crimea si rendesse formalmente sovrana, divenendo però concretamente una sorta di protettorato russo. La Russia ha già seguito questa strada nel conflitto avuto con la Georgia. La Crimea indipendente rappresenterebbe, quindi, una reiterazione di operazioni che Mosca ha già compiuto.

GLI ESEMPI PRECEDENTI

Nell’agosto del 2008 due regioni della Georgia, cioè l’Abkhazia (circa 250mila abitanti su un territorio di oltre 8.600 kmq) e l’Ossezia Meridionale (55mila abitanti per poco meno di 4.000 kmq), furono occupate dalle truppe moscovite.

Da allora costituiscono due Stati, la cui esistenza è riconosciuta da una mezza dozzina di Paesi membri dell’Onu, anche se essenziale è, ovviamente, l’opera della Russia, che garantisce la sopravvivenza ai due Paesi secessionisti tenuti separati dallo Stato originario. Stati Uniti e Unione Europea consentirono che il conflitto russo-georgiano trovasse termine mercé la rinuncia, di fatto pur se non di diritto, della Georgia alle due regioni separatiste.

UN IDENTICO DESTINO?

La Crimea potrebbe conoscere un identico destino: diventare uno Stato, in campo internazionale quasi privo di riconoscimenti (ma fraternamente sostenuto da Mosca), con una situazione ambigua sul piano giuridico, tuttavia politicamente e concretamente ben chiara. Quanto alla futura soluzione del problema, sarebbe facile prevedere che potrebbero passare non già anni (come nel caso dei territori distolti dalla Georgia), bensì decenni. È la situazione in cui si trova un altro Paese, anch’esso abitato da una popolazione con forte minoranza russa, ossia la Transnistria (mezzo milione di abitanti su poco più di 4.000 kmq), dal 1990 separata dalla Moldavia. È priva di riconoscimenti internazionali (fra i pochi Paesi che ne accreditano l’esistenza sono, guarda caso, le due repubbliche dell’Ossezia Meridionale e dell’Abkhazia), considerata da molti osservatori una sorta di Stato-mafia. Non è soggetta, di fatto, alla sovranità moldava.

CIPRO DEL NORD, UN ESEMPIO FORMIDABILE

C’è, ancora, un esempio formidabile dell’esistenza pluridecennale di uno Stato costituito, ab extra, nel territorio di un altro e tenuto in vita non già dal riconoscimento internazionale, bensì dalla forza politica, militare ed economica di un Paese: Cipro del Nord. Sui territori ciprioti occupati nel 1974 (dunque, quarant’anni addietro) la Turchia istituì uno Stato, privo di riconoscimento internazionale, ma certo non sottoposto all’autorità della Repubblica di Cipro, Paese diventato membro dell’Ue nonostante 300mila suoi teorici abitanti, su un territorio di oltre 3.000 kmq, siano cittadini della «Repubblica Turca di Cipro del Nord».

È inutile ripetere che tale Stato non ha consistenza, non esiste, non è riconosciuto: quel territorio e quella popolazione sono subordinati a un protettorato turco. In quattro decenni non è stata trovata una soluzione per ricostruire l’unità statale fra grecociprioti e turcociprioti.

E SE AVVENISSE IN CRIMEA?

Logico chiedersi, se un’azione simile avvenisse in Crimea per opera russa, quanti decenni sarebbero necessari per assegnare de iure la penisola all’Ucraina o alla Russia oppure trovare una soluzione gradita a russi, ucraini e tatari. Le presenze militari, in Georgia come in Moldavia come a Cipro, sono una costante che frena qualsiasi seria possibilità di dialogo.



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