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Siamo sicuri che i soldi del piano giovani debbano andare agli under 24?

Il 2014 è l’anno di avvio del piano garanzia giovani sostenuto con risorse europee e con un cofinanziamento nazionale. Parliamo di circa 1,5 miliardi di euro da spendere in due anni. L’obiettivo è quello di garantire ai giovani compresi nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni, a 4 mesi dalla fine del percorso di studi, un lavoro oppure un corso di formazione professionale. Il Governo è al lavoro, insieme con le Regioni e i vari attori coinvolti nell’iniziativa, nell’elaborare il progetto di attuazione. Fin qui, nell’individuare i punti deboli del Piano per ciò che riguarda l’Italia, si è puntato il dito soprattutto sul cattivo funzionamento dei nostri centri per l’Impiego pubblici, i quali hanno dimostrato in questi anni uno scarsissimo rendimento in termini di collocamento al lavoro.

I centri per l’impiego sono effettivamente l’anello debole, anzi, debolissimo, delle nostre politiche attive del lavoro che rischiano di far fallire il piano. E’ questo uno dei capitoli fondamentali sui quali intervenire con urgenza e in termini strutturali.

Tuttavia, un altro dubbio comincia a sorgere. Siamo sicuri che quando si parla di disoccupazione giovanile gli sforzi maggiori, come in questo caso, debbano andare alla fascia di età compresa tra i 15 e i 34 anni? L’ILO, ossia l’organizzazione dell’ONU che si occupa di lavoro, in un recente rapporto (Global Employment Trends 2014) afferma che la vera emergenza occupazionale per l’Italia sono i cosiddetti “giovani adulti”, che appartengono alla fascia di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Sono questi giovani quelli che hanno subito la crisi più di tutti.

Il Piano garanzia giovani, probabilmente, ha sbagliato obiettivo. Questo dubbio è stato sollevato anche da un’altra ricerca, appena pubblicata e a cura dell’Astra Ricerche e ManagerItalia, dove si sottolinea come nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni il vero problema non riguarda la disoccupazione, ma lo scarsissimo numero di giovani che raggiunge un elevato titolo di studio. La normalità di questa fascia d’età, secondo lo studio, non è tanto nella ricerca di un’occupazione, ma nelle attività di studio sui banchi di scuola superiore, nelle università e in percorsi di formazione professionale. Secondo Guido Carella, presidente di ManagerItalia “i giovani in questa fascia di età dovrebbero in buona parte essere nel pieno del loro percorso formativo”.  Nel rapporto si dice anche che in Italia abbiamo un tasso di formazione universitaria da “terzo mondo” e non da paese avanzato. Per gli under 24, quindi, la priorità non è il lavoro ma la formazione.

Durante il dibattito sul piano garanzia giovani, da qualche parte, era balenata l’idea che la platea dei beneficiari si sarebbe dovuta allargare fino a giovani di 29 anni. Poi, queste ipotesi è scomparsa, molto probabilmente per ragioni di ristrettezze finanziarie. Di conseguenza, la priorità è rimasta alla fascia degli under 24.

Il presidente dell’UPI, l’Unione delle Provincie italiane, Antonio Saitta, chiede con urgenza un incontro con il neo ministro del lavoro Poletti, sostenendo  con veemenza, che: “La Garanzia Giovani è lo strumento più importante che abbiamo a disposizione per provare a dare risposte concrete ai tanti giovani senza occupazione. Non possiamo permetterci di sprecare nulla di quanto l’Unione Europea ci assegnerà, e dobbiamo partire subito, entro la fine di marzo”. Sono le province che gestiscono i 550 Centri per l’impiego e che giocheranno un ruolo centrale nell’applicazione del piano.

L’importante, però, non è solo partire subito, come vuole il presidente dell’UPI, ma soprattutto partite con il piede giusto. Siamo alla vigilia dell’ennesima occasione persa? A futura memoria.



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