E’ un menù degustazione quello presentato mercoledì al ristorante Palazzo Chigi, ideato dallo chef Matteo Renzi nel tentativo di unire carne e pesce, miscelare vari ingredienti e ottenere così l’approvazione dei commensali. Non gli interessa più di tanto il giudizio dei tecnici critici gastronomici – gli addetti ai lavori, gli economisti – bensì di far arrivare direttamente il profumo dei suoi piatti al consumatore finale, all’avventore che dovrà decidere se prediligere le sue ricette a quelle di altri ristoratori.
D’altronde, anche l’inaugurazione del ristorante – il governo – alla presenza dei gourmet parlamentari non era stata diversa nei modi: la presentazione e la descrizione delle linee guida rivolta al pubblico al di la delle telecamere, poche informazioni sugli obiettivi, molte aspettative. Ha quindi ripetuto il copione, consapevole che il profumo che arriva dalla cucina e la presentazione influenza – e non poco – il giudizio finale sul gusto del piatto servito, meglio ancora se poi è accompagnato da una buona carta dei vini, ovvero il pressoché contestuale successo ottenuto con l’approvazione alla Camera della legge elettorale.
A differenza dei due precedenti cuochi, il rigoroso Monti e il timoroso Letta, il menù di Renzi promette porzioni abbondanti, è più leggibile e lascia intendere di risultare meno insipido: è facilmente digeribile dalla pancia dei potenziali clienti sebbene alcuni esperti buongustai possano ravvisarci delle imperfezioni o incongruenze sulla effettiva reperibilità – leggi coperture – degli ingredienti necessari alla realizzazione dei piatti descritti. Tuttavia, questo ultimo aspetto ed i giudizi preliminari, paiono interessare poco il cuoco toscano. Il suo è un percorso gastronomico dalle ambizioni ben più vaste, che vuole addirittura rivoluzionare i gusti dei futuri banchettanti per abituarli ad un nuovo ristorante istituzionale dove le regole classiche della vecchia cucina sono in discussione e ritenute obsolete, in sintesi da rottamare.
Quindi, il menù degustazione attende di essere giudicato dall’effettiva bontà dei piatti. Solo allora noi commensali saremo in grado di giudicare la capacità dello chef Renzi e dei suoi collaboratori. Nel frattempo, motivati soprattutto dalla novità, prenotiamo un tavolo pur con qualche riserva – viste alcune ricette che non entusiasmano particolarmente il palato come l’aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie – speranzosi di non essere delusi, rimanere ancora affamati o, peggio ancora, di non ritrovarsi storditi da un conto salato che oggi in tanti, molti non sarebbero in grado di pagare.