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Ecco perché la Germania ha frenato su sanzioni stile Usa contro la Russia

Pubblichiamo grazie all’editore e all’autore, l’articolo di Marcello Bussi uscito oggi sul quotidiano Mf/Milano Finanza diretto da Pierluigi Magnaschi.

Le sanzioni di Usa e Ue alla Russia? Fanno talmente paura che ieri la borsa di Mosca ha chiuso con l’indice Micex in rialzo del 3,7%. E il rublo ha guadagnato lo 0,7% sul dollaro a 36,33 e lo 0,6% sull’euro a 50,63. Certo, la borsa ha perso l’11% dall’inizio del mese e il rublo il 9,4% sul dollaro dall’inizio dell’anno (solo il peso argentino ha fatto peggio), ma è significativo che proprio ieri ci sia stata un’inversione di tendenza.

Il motivo è semplice: le sanzioni annunciate sono le più leggere che si potessero immaginare. L’Ue ha decretato il divieto di concessione del visto e il congelamento dei beni contro 21 funzionari russi e ucraini coinvolti nell’annessione della Crimea, come Sergey Aksyonov, il premier della Crimea, ed Evgeni Bushmin, vice presidente del Senato russo, risparmiando il vice premier russo Dmitri Rogozin, colpito invece dalle sanzioni Usa. Come ha osservato Vincenzo Longo, strategist di Ig, «la scelta di emettere sanzioni contro individui specifici sembra proprio confermare l’intenzione dell’Ue e degli Usa di volere prendere tempo, valutando le possibili conseguenze di eventuali provvedimenti pesanti contro il governo di Mosca». Valgano per tutti le parole del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che come al solito non lascia spazio all’ambiguità: «La Russia è una destinazione molto importante per quanto riguarda i flussi di credito, e in questo senso le turbolenze di mercato seguite alla crisi sono un fattore più rilevante rispetto alle relazioni con l’Ucraina».

Poche ore più tardi la cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha dichiarato che la Germania non avrebbe voluto le sanzioni e avrebbe preferito portare avanti i colloqui diplomatici tra le parti, ma «naturalmente le violazioni chiare del diritto internazionale, dopo il cosiddetto referendum in Crimea, hanno reso necessario questo passo». La prudenza della Merkel si spiega col fatto che la Germania, insieme all’Italia, è il Paese della Ue con le più strette relazioni economiche con la Russia. E così le sanzioni soft sono state festeggiate anche dalle borse europee: Francoforte ha guadagnato l’1,4% e piazza Affari addirittura il 2,5%. D’altronde la caduta di venerdì scorso era stata innescata dai timori (decisamente esagerati) che a seguito del referendum in Crimea (il 96% dei votanti ha detto sì all’annessione alla Russia) sarebbe scoppiato un conflitto armato fra Kiev e Mosca. Sulla questione ieri è intervenuto il premier ucraino, Arseni Iatseniuk, affermando in un’intervista a Cnbc che «nessuno sostiene l’opzione militare» in risposta all’occupazione russa della Crimea. Poi, ovviamente, ha ammonito che se la Russia invadesse l’Est e il sud del Paese «sarebbe dovere di ogni cittadino proteggere e difendere la sovranità» dell’Ucraina. Ma soprattutto il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, pur minacciando nuove sanzioni e intimando la ritirata della truppe russe dai territori di confine con l’Ucraina, ha dichiarato che «c’è ancora spazio per una soluzione diplomatica». Distensione in vista, dunque. Nessuna delle due parti può tirare troppo la corda: l’Ue dipende troppo dalle forniture di gas della Russia mentre Mosca, a seguito dell’escalation della crisi ucraina, dall’inizio dell’anno ha visto una fuga di capitali di 50 miliardi di dollari. E se il flusso in uscita non si interrompesse la Russia, secondo Capital Economics, cadrebbe in recessione.


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