Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’analisi di Tino Oldani apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Pochi giorni fa, con una delle sue fulminanti lettere sfottò su ItaliaOggi, Filippo Merli ha messo alla berlina il taglio della bolletta elettrica del 10 per cento annunciato dal premier Matteo Renzi. Un beneficio di appena 3 euro a bimestre per famiglia, secondo un calcolo a naso di Merli, dunque un classico provvedimento “molto fumo, poco arrosto”.
LO STUDIO DELLA VOCE.INFO
In questo caso, l’ironia è arrivata prima dei dotti calcoli degli esperti di energia, e sembra avere centrato in pieno il bersaglio. Secondo uno studio per lavoce.info compiuto da due esperti di questioni energetiche, Roberto Della Seta e Francesco Ferrante, se il governo dovesse alleggerire le bollette tagliando gli oneri a favore delle fonti rinnovabili, considerate da alcuni fin troppo beneficiate dai sussidi statali, il risparmio per le famiglie sarebbe in media del 3 per mille, pari a 7 euro su circa 2.500 euro di entrate familiari. Un intervento necessario?
LO STUDIO DEI LIBERISTI DEL BRUNO LEONI
Di certo, sul taglio del caro energia di Renzi gli esperti sono già divisi tra pro e contro. A favore è l’Istituto Bruno Leoni (Ibl), che, poco prima che il governo Renzi si insediasse, ha teorizzato che lo Stato potrebbe risparmiare da 4 a 6,4 miliardi in due anni, cioè il 10 per cento della bolletta elettrica nazionale (44 miliardi l’anno), intervenendo con tagli mirati su 12 voci che incidono sulle tariffe elettriche. E poiché Renzi, quando ha annunciato il taglio delle bollette, ha precisato che “il costo dell’energia per le piccole e medie imprese verrà ridotto del 10 per cento attraverso la rimodulazione dei contributi del paniere della bolletta energetica”, non pochi hanno pensato che a ispirargli un linguaggio così complicato, assai meno chiaro di quello che gli è abituale, fosse stato proprio lo studio dell’Ibl citato prima, che indica una serie di possibili risparmi di spesa pubblica proprio in alcuni tagli dei sussidi statali ai produttori di energia elettrica.
SU COSA E QUANTO RISPARMIARE
Per esempio, sostiene l’Ibl, si potrebbero risparmiare almeno 1-1,5 miliardi di euro riducendo gli incentivi al fotovoltaico. Altri 500 milioni resterebbero nelle casse dello Stato se si tagliassero i costi per le fonti rinnovabili intermittenti, come le pale eoliche private, che ricevono un contributo per compensare i mancati ricavi dovuti all’assenza di vento. Altri 500 milioni si otterrebbero ricalcolando gli incentivi Cip6 introdotti con generosità nel 1992, per ragioni ormai superate. E 1-2 miliardi si potrebbero ricavare riducendo i sussidi alle reti elettriche private delle grandi aziende.
PARERE OPPOSTO
Di parere opposto lo studio di Della Seta e Ferrante. «I numeri smentiscono che le famiglie e le imprese siano oppresse dal caro energia» sostengono. E non è affatto vero che le famiglie e le imprese italiane hanno una bolletta elettrica più cara che in Germania. Anzi, per certe fasce di consumo è vero il contrario. Le aziende manifatturiere, importanti da noi come in Germania, se consumano tra i 70 mila MWh/anno e i 150 mila, in Italia pagano l’energia elettrica il 15 per cento meno dei concorrenti tedeschi. Anche le aziende energivore pagano meno in Italia che in Germania, e a differenza di ciò che dicono molti (precisa lo studio della voce.info) non è vero che l’Alcoa ha dovuto chiudere per l’elevato costo dell’energia elettrica: pagava, in realtà, meno che in Germania. Quanto alle famiglie, se consumano fino a 2.500 KWh/anno, pagano meno di quelle tedesche. A conti fatti, gli unici soggetti svantaggiati sono le piccole e medie imprese con un consumo elettrico tra 500 e 2.000 KWh/anno: queste pagano in media il 4 per cento più delle concorrenti tedesche e il 30 per cento più della media europea, che risente delle basse tariffe di Francia e Gran Bretagna, dove la produzione di elettricità si giova del nucleare e del petrolio domestico.
CONCLUSIONE
Lo studio della voce.info conclude che, per quanto riguarda le famiglie, il peso maggiore sul budget non viene dalla bolletta elettrica, ma dal costo dal costo del riscaldamento, dei trasporti e del carburante per l’auto, che incidono per il 14 per cento. E se Renzi tagliasse gli oneri per le fonti rinnovabili, le bollette diminuirebbero di appena il 3 per mille, pari a 7 euro su un budget familiare di 2.500. Quanto alle imprese, l’incidenza del costo dell’energia elettrica non arriva allo 0,5 per cento dei ricavi per il 50 per cento di esse, è meno dello 0,1% per il 19,2 delle aziende, e supera il 3 per cento soltanto per il 3,8% del totale. Gli autori dello studio ne deducono che la tesi per cui il caro-energia elettrica penalizza la capacità competitiva delle nostre aziende non è frutto di un’analisi argomentata, ma soltanto un mantra, gonfiato dai politici e dai media. “Un mantra che messo a confronto con la verità delle cifre si rivela per quello che è: un bluff”. Quanto basta per sollevare il dubbio che il taglio delle bollette elettriche possa ridursi a un’operazione di pura propaganda di un governo che, almeno in questo caso, sembra inseguire più i titoli ad effetto dei giornali che non la realtà dei fatti.