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Renzi e Cottarelli? Aridatece Tremonti. Il pensiero di Raffaele Bonanni

Raffaele Bonanni è critico sulle prime mosse di politica economica annunciate dal governo Renzi, e non lo nasconde. A partire dalla spending rewiev targata Carlo Cottarelli, che il leader Cisl sintetizza in tre parole: demagogia, populismo, dilettantismo.

Quanto alla riforma del lavoro firmata da Giuliano Poletti, seppure promossa sui contratti a termine, ha ancora il difetto, osserva Bonanni, “di non affrontare le vere sacche della precarietà”. Tanto che il sindacalista annuncia una campagna di primavera, in alleanza con la Cgil, per fare pressing sul governo e ottenere che siano dichiarate ‘’fuori legge’’ false partite Iva e Co.Co.Co.

Ma ce n’è per tutti: per Renzi, in primo luogo. Ma anche per i media che – secondo Bonanni –svolgono ormai il ruolo di ‘’untori del populismo’’.
Andiamo con ordine, e partiamo dalla spending review. La prima impressione, dice Bonanni, era stata ottima; poi, però, è arrivata la grande delusione: “Avevo incontrato Cottarelli mesi fa, e avevo avuto l’impressione che intendesse muoversi in un contesto di proposte equilibrate e credibili. Ma non è questo che ho ritrovato sui giornali: non vedo alcuna indicazione e tantomeno alcuna idea apprezzabile circa la riorganizzazione della pubblica amministrazione. Vedo solo una grande enfasi sull’abolizione del Senato, che tuttavia e’ una inezia rispetto al contesto della pubblica amministrazione, dove ci sono comuni, regioni, amministrazioni locali ad ogni livello, problemi di razionalizzazione della spesa e degli acquisti, ecc. Su tutto questo non si dice nulla di preciso, solo enunciazioni: che spesso sono vere bestialità”.

Addirittura. Per esempio?
Eccolo: si dice ‘’vendita dei beni demaniali’’, giusto? Ma quali, e come, nessuno lo dice. Che facciamo, mettiamo Renzi come banditore delle aste? Oppure: vogliamo spostare i dipendenti della Pubblica amministrazione? Posso anche essere d’accordo. Ma come e dove li ricolloco? Se abolisco le province, per dire, cosa ne faccio degli attuali sessantamila dipendenti? E i comuni? Li facciamo i consorzi forzosi, come io credo si dovrebbe fare? E la miriade di municipalizzate, come la sistemiamo?

Bocciatura totale, insomma?

Se le cose stanno nei termini di cui leggo sui giornali – e sempre ammesso che i giornali siano attendibili, cosa oggi sempre più rara – si tratta dei soliti tagli lineari che tanto danno hanno già causato, e che, se reiterati, ammazzerebbero definitivamente il sistema della pubblica amministrazione. Oggi la PA è un corpo informe, che sicuramente va razionalizzato, anche alla luce della riforma del titolo quinto. Ma per fare questo occorre un preciso piano industriale, che coinvolga tutto il sistema statale. Non vedo nulla di tutto questo. Dunque, ho la sensazione che si punti a fare una cosa meramente demagogica: far volare un po’ di stracci per aria, e poi tutto come prima.

E come si dovrebbe procedere, allora?
Si dovrebbe recuperare il documento preparato dai saggi di Napolitano: un ottimo lavoro, che rappresentava un’idea condivisibile di riforma dello Stato, a partire dal titolo quinto. Un documento che poi, stranamente, è scomparso. E invece, secondo me, è proprio da quel testo che occorre ripartire.

Cosa pensa della riforma del lavoro del ministro Poletti?
Con Giuliano Poletti, persona competente e capace, ragioniamo benissimo. L’intervento sui contratti a termine va nella direzione giusta. Del resto, eliminare le causali era stata una mia richiesta, prima ancora che il governo la facesse propria.

Ci sono state anche molte critiche, però. C’è chi pensa che così aumenterà la precarietà.
Non vedo precarietà nella configurazione definita dalla riforma, anzi: oggi, con queste modalità, il contratto a termine è diventato uno strumento di garanzia. Preferibile, quindi, a un ipotetico contratto unico, tutto da inventare e sperimentare e con esiti non prevedibili. Ma attenzione: la vera precarietà è altrove, là dove al momento nessuno sembra guardare.

Almeno le piacerà senza riserve la decisione di destinare 10 miliardi alle buste paga? Mettere i soldi in tasca ai poveri è una soluzione equa e utile, che lei stesso ha spesso sollecitato.
E’ vero, è quello che abbiamo chiesto a lungo, come sindacato. Resta il piccolo dettaglio di dove trovare le risorse per realizzarlo. Io, comunque, il 27 maggio sarò a controllare le buste paga, per verificare se ci saranno davvero i famosi 80 euro in più.

Il nodo delle risorse non dipende solo da Renzi, come è noto. Dobbiamo anche relazionarci con le politiche economiche europee. Lei crede che avranno un occhio di riguardo per l’Italia?
I problemi con l’Europa sono tutt’altro che risolti. Forse possiamo usare le risorse che derivano dall’abbassamento dello spread, ma restiamo pur sempre fuori di tre miliardi rispetto al necessario. Illudersi che ci consentano di alzare il livello dell’indebitamento dal 2,6 al 3% è, per l’appunto, una pura illusione, non ce lo concederanno mai: perché non ci ritengono solvibili, e perché sta entrando in vigore il fiscal compact, che ci obbligherà a trovare 50 miliardi l’anno. In Europa sanno bene che i nostri governi possono cadere per 5 miliardi, figuriamoci per 50.

Vede altre strade per trovare i miliardi che occorrono?
Vedo che Renzi non ha mai pronunciato le parole “evasione fiscale”, per esempio. E considero grave che sia così sottovalutato quello che è il problema principale della nostra economia. Tanto più che in questo paese, ormai, siamo al paradosso che si considerano delinquenti le agenzie del fisco, invece che gli evasori. Dunque, avrei auspicato, da parte del premier, annunci forti anche sulla lotta all’evasione. Invece, trova più comodo prelevare i soldi nei soliti bancomat: pubblico impiego, pensioni.

Più comodo, dice? Mettersi contro pubblici dipendenti e pensionati non è esattamente comodo, per un governo. Tanto più alla vigilia di un voto.
E’ tuttavia più facile che intaccare il “presepe” dell’impalcatura istituzionale italiana: nessun governo, tanto meno questo, malgrado la sua arroganza, si metterà mai contro i sindaci, le amministrazioni locali, gli imprenditori succhia soldi della spesa pubblica. Più facile buttarla in demagogia: le auto blu, le pensioni, o l’estemporanea illusione di una patrimoniale. Tutto finalizzato a far sì che il sistema politico possa continuare a difendere i suoi capisaldi di denaro e di potere.

Dunque, nessuna apertura di credito da parte sua?
Volendo essere molto disponibile, potrei dire questo: ‘’Mostratemi un po’ di carte, e cerchiamo di capire insieme cosa si può e si deve fare’’.

Vuole rilanciare la defunta concertazione?
La concertazione, per come la vedo io, significa che se c’e un problema se ne discute assieme, e poi ciascuno si fa carico di contribuire, per la sua parte, alla soluzione. E’ esattamente quello che i sindacati hanno fatto per molti anni, con molti governi, e con ottimi risultati per tutto il paese.

Si potrebbe pensare che la sua severità dipenda dal fatto che il nuovo governo non vi considera e non vi convoca. Chiederà un incontro a Renzi?

Io non chiedo niente a nessuno. E’ un problema suo, non mio.

Di Renzi da’ un giudizio duro, ma del governo Letta aveva un’opinione migliore? Perché in realtà non è che abbia fatto moltissimo…
Letta e’ una persona preparata e perbene, e se ha fatto poco non e’ per colpa sua: l’hanno incastrato sull’Imu per mesi, non ha avuto grandi chance di fare, e il suo stesso partito, del resto, non gliene ha date. Però osservo che buona parte delle risorse economiche che oggi Renzi può mettere in campo sono dovute all’azione del governo Letta.

Quale è stato il governo migliore con cui ha avuto a che fare come sindacalista?
Le rispondo così: il miglior premier è stato Romano Prodi, senza dubbio. Ma il miglior ministro dell’Economia è stato Giulio Tremonti: aveva sensibilità sociale e rigore, grande capacità di anticipare gli eventi, zero populismo. La prima manovra di Tremonti era stata un capolavoro: aveva tagliato i fondi alla scuola, è vero, ma aveva anche fatto passare il taglio all’uso del contante e la fatturazione elettronica, imprimendo una notevole svolta alla lotta all’evasione fiscale. Ed è proprio questo che Berlusconi non gli ha mai perdonato. Bisognerebbe rivalutare molto seriamente l’operato di Tremonti all’Economia.

A partire dal voto di maggio, come vede la politica italiana in prospettiva?
Purtroppo la politica si sposterà ancora più a destra, anche estrema. E’ saltato ogni rapporto tra potere politico e cittadino, rischia anche la democrazia. Il voto alle europee penso che premierà la destra e Grillo. Il centro sinistra magari avanzerà di qualche punto, ma non di molto. In prospettiva, vedo un aumento di populismi di vario colore. Ma attenzione, ché alla fine i populismi hanno tutti lo stesso colore autoritario.

La versione integrale dell’intervista si può leggere sul sito del Diario del Lavoro



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