L’Egitto è ancora in subbuglio. Ieri in tutto il Paese fervevano le proteste indette dai sostenitori dei Fratelli musulmani, divampate in occasione del terzo anniversario del referendum sulle modifiche alla Costituzione nel 2011. Oggi il Paese si è dotato di una nuova Carta, ma la situazione è lontana dall’essere tornata alla normalità, come spiega in una conversazione con Formiche.net la giornalista egiziana Farida El Shobashy. Tutto mentre tra poche settimane i cittadini sceglieranno con ogni probabilità come nuova guida del Paese il feldermaresciallo Abdel Fattah Al Sisi, che tra una manciata di ore scioglierà le riserve sulla sua candidatura.
Cosa ne pensa della nuova Costituzione?
La Costituzione era davvero necessaria, quella dei Fratelli Musulmani era tremenda, escludeva dalla società cristiani, sciiti e sunniti che la pensano diversamente dagli integralisti. Era un vero e proprio assassinio dell’identità del Egitto. L’apparenza diventava fondamentale e bisognava uniformarsi a idee ipocrite e al trionfo del conformismo che nascondeva dietro a una facciata di moralità e religiosità solamente l’odio per il diverso. Noi siamo figli di una civilizzazione millenaria e non siamo solo musulmani. Per altro l’Islam vero non ha nulla a che fare con le idee della fratellanza islamica. L’istruzione, la crisi economica e l’avvenire dei ragazzi che scappano finendo per morire sulle coste dell’Europa, sono il vero problema del Paese, di certo non il velo. Quello che era accaduto con la vecchia costituzione non era un sogno egiziano, ma un incubo. La gente si è rivoltata perché sentiva che il Paese stava morendo per colpa dei fondamentalisti sostenuti incomprensibilmente dagli Stati Uniti e dall’Europa.
L’articolo della Costituzione che dice che il prefetto deve essere avvertito delle manifestazioni e che, eventualmente può non autorizzarle, ha scatenato molte polemiche. In realtà moltissimi Paesi europei hanno norme simili, il problema sarà comprendere se ci saranno potenziali abusi. Che ne pensa?
Non capisco questa polemica, si tratta appunto di norme presenti in moltissimi Paesi occidentali. La polizia oggi sa che il mondo la attende al varco e ha incominciato a fare attenzione e a isolare le mele marce.
I liberali però dicono di aver paura, perché molte persone sono state arrestate anche nel loro fronte negli ultimi mesi.
Non è vero, alla televisione si può dire ormai tutto, si può criticare senza che nulla accada. Avviene tutti i giorni. Anche molti islamisti fanno conferenze stampa e dicono quello che vogliono. In Egitto c’è stato un cambiamento radicale, però se si fanno manifestazioni che degenerano in battaglie allora è normale che la polizia intervenga. Io che sono una nasseriana di ferro devo dire che la popolarità del generale al Sisi è oggi perfino superiore a quella di Nasser. Lui ha ridato dignità al popolo egiziano, al Sisi ha invece rischiato la sua vita per opporsi agli islamisti. Per la gente ha salvato il Paese.
Non c’è il rischio che venga idolatrato solo per questo? Che idee ha per la nazione?
Non credo proprio, il generale è come un medico che ha fatto una buona diagnosi. Ha capito che uno dei problemi maggiori del Paese è la scarsa qualità dell’insegnamento. Negli anni di Sadat con l’apertura economica lo stato si è ritirato, lasciando l’insegnamento ai Fratelli Musulmani. Tutto sotto l’occhio contento di Stati Uniti e Arabia Saudita. Oggi gli studenti arrivano all’università e non scrivono bene l’arabo. Ai miei tempi sarebbe stato impensabile.
Per fare capire quanto gli islamisti hanno tentato di penetrare il Paese basta vedere quei “barbuti” che bruciano le bandiere egiziane e non si alzano per l’inno nazionale perché la vera patria è per loro il califfato. L’Egitto lo hanno descritto come un’entità marcia e putrefatta.
Al SiSi ha parlato anche della povertà dicendo che ha corrotto gli egiziani a tal punto che i politici comprano voti alle elezioni offrendo zucchero o riso.
Il generale ha descritto i lati positivi della nazione: un Paese che ha due mari, il Mediterraneo e il Mar Rosso, ricchezze nel sotto suolo, terreni che si possono coltivare e il canale di Suez. Ma sopratutto, ha aggiunto, teste pensanti. Ecco perché sostengo Al Sisi, non amo chi dice “darò una villa a tutti”, ma chi promette solo cose realizzabili. Il generale su questo è stato chiaro, ha detto che la situazione economica è pessima e che per uscirne bisognerà lavorare sodo. Far ripartire le fabbriche, cominciando passo dopo passo a tornare a lavorare e a produrre.
Molti Paesi del Golfo sostengono i militari egiziani.
Tutti i Paesi del golfo, tranne il Qatar, ci sono vicini, hanno prestato miliardi all’Egitto, dichiarato i Fratello Mussulmani un gruppo terroristico e ritirato i diplomatici dal Qatar protestando per le continue ingerenze di quest’ultimo nei loro affari interni.
Al Sisi, negli ultimi viaggi all’estero come ministro della Difesa, oltre agli aiuti economici e militari, ha chiesto anche di rafforzare i rapporti economici?
Sono sicura che il generale pensa anche a far incrementare gli scambi economici con Russia, Cina e Brasile. A Mosca è andato non solo per chiedere armi, ma anche per proporre che le forze militari russe istruiscano gli egiziani sulle nuove tecnologie legate all’industria degli armamenti. É noto come spesso le nuove tecnologie ad uso civile, nascano prima nel settore militare e poi si diffondano nella società. Al Sisi ha anche in mente che gli aiuti sono benvenuti a patto però che non rendano gli egiziani schiavi del Paese donatore.
Nel settore economico il primo fattore da cambiare è l’immagine che le persone hanno. Sono 40 anni, infatti, che si fa di tutto per distruggere la cultura del lavoro in Egitto. Hanno per troppo tempo tentato di farci sentire come un popolo improduttivo. Negli anni sessanta sotto Nasser eravamo in competizione con l’India, oggi veniamo descritti come dei lazzaroni che al massimo posso lavorare nel settore turistico. Il generale vuole fare ripartire le industrie e vuole che gli egiziani, invece di emigrare nel Golfo e spedire soldi a casa a gente che non fa nulla, ricomincino a lavorare e produrre in patria. Oggi bisogna rimboccarsi le mani, sudare e faticare.
Come vede il futuro delle primavere arabe?
Hamas, Hezbollhah, i Fratelli Musulmani in Tunisia e Libia e fuori dai Paesi arabi il regime iraniano e Erdogan in Turchia, sono stati tutti indeboliti dalla seconda onda della rivoluzione egiziana. Dopo la nostra rivolta di quest’estate hanno incominciano a perdere, ma Stati Uniti ed Europa invece di aiutarci ci hanno condannato. Oggi nel Medio Oriente c’è la capacità di dire “siamo musulmani, ma i fondamentalisti non hanno nulla a che fare con gli islamici”.
Il generale Al Sisi si presenterà alle elezioni?
Non credo che possa concedersi il lusso di non presentarsi e lui stesso ha detto di non poter voltare la schiena al popolo. Io spero che sarà eletto con una maggioranza molto solida, perché è onesto e ha avuto la forza di salvare il Paese. Non è l’uomo del miracolo, ma ha le competenze di un leader.
Non sarebbe meglio per il Paese avere solidi partiti politici che si possano alternare al governo?
In Egitto oggi non ci sono più partiti forti, in futuro speriamo che rinascano. Negli anni di Sadat e di Mubarak li hanno distrutti. Oggi penso che i ragazzi di Tamarod potranno forse in futuro trasformarsi in partito. Vogliamo formazioni politiche, ma non gente che dica che porteranno a tutti la ricchezza facile, vogliamo persone onesta.
Parte dell’intellighenzia voterà forse per per Hamdeen Sabahi, questo è un bene perché permetterà di avere due voci, Sabahi per altro pensa davvero di poter vincere. Io lo votai alle ultime elezioni, ma questa volta voterò per il generale.