Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Dall’Europa all’Italia una serie di provvedimenti, alcuni di indirizzo politico, altri ancora in via di formulazione, pongono o suggeriscono nuove misure di regolamentazione delle attività di prospezione ed estrazione di idrocarburi.
LA DIRETTIVA UE SULLA VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE
La Direttiva approvata dal Parlamento europeo la scorsa settimana, e in attesa di un sì solo formale del Consiglio europeo, impone misure più restrittive agli Stati membri per la regolamentazione della Valutazione di Impatto Ambientale (Via). La nuova legge quadro si applica sia a progetti pubblici che privati e stabilisce criteri minimi sulle informazioni che dovranno essere presentate alle autorità nazionali per ottenere l’approvazione.
Una legge che riguarda molti settori e nel cui ambito di applicazione ricadono anche i progetti petroliferi e gasieri, con particolare attenzione per i rischi per la salute umana derivanti dalla contaminazione dell’acqua, l’utilizzo dei suoli e dell’acqua e la capacità di rigenerazione delle falde idriche sotterranee.
Da notare però che, nonostante le forti richieste dei deputati, non sia stato previsto l’obbligo di Valutazione di Impatto Ambientale per l’estrazione e l’esplorazione di shale gas: se gli Stati membri non riterranno necessario effettuare alcuna valutazione, dovranno semplicemente indicarne le motivazioni.
Uno “sgravio” autorizzativo non da poco per l’attività di estrazione di gas di scisto, soprattutto se si ragiona in termini di confronto rispetto ad altre attività, più mature e meno discusse, che richiedono iter piuttosto complessi. Tanto ha potuto in sede di Consiglio UE il veto di alcuni Paesi, come ad esempio la Gran Bretagna, che sullo shale gas è impegnata in molti progetti europei.
La direttiva in questione si propone, fra l’altro, di rendere maggiormente trasparente il metodo di valutazione, di facilitare la partecipazione del pubblico attraverso la creazione di un portale web centrale, di rinforzare la regole sul conflitto di interessi e limitare le deroghe.
IN ITALIA LA RISOLUZIONE PER GLI IDROCARBURI OFFSHORE
Spostandoci nelle aule legislative italiane, è di recente approvazione presso la Commissione Ambiente e Territorio del Senato la risoluzione concernente le problematiche ambientali connesse alla prospezione, ricerca, coltivazione ed estrazione di idrocarburi liquidi in mare (il cui relatore è il Presidente di Commissione, Marinello, del Nuovo Centrodestra). La mozione chiede al governo di porre numerosi paletti all’upstream offshore. Quello politicamente più rilevante è la richiesta di una moratoria per le nuove attività di coltivazione di idrocarburi nel mare territoriale fino all’avvenuto recepimento della direttiva 2013/30/Ue sulla sicurezza delle operazioni di estrazione al largo delle coste (che oggi rappresenta il modello cui gli Stati devono uniformarsi).
Ma non solo: nella risoluzione si chiede di aumentare del 50% le aliquote delle royalties per le nuove concessioni, nonché di riconsiderare, nell’ambito di un Disegno di legge di iniziativa governativa o parlamentare, la disciplina sulle procedure autorizzative introdotta dall’articolo 35 della legge crescita n. 134/2012, che ha confermato il limite delle 12 miglia per le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi per i nuovi progetti. Peraltro, un’analoga risoluzione, in questo caso per una moratoria sui nuovi progetti sia per l’on-shore che l’off-shore, è in discussione presso le Commissioni riunite Ambiente e Attività produttive della Camera (7-00034 sulla sospensione delle autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti petroliferi e modifica della normativa sulla materia autrice la deputata del Partito Democratico Maristella Bianchi).
IL DISEGNO DI LEGGE SULLE AREE PROTETTE
Ma le potenziali novità non finiscono qui. La Commissione Ambiente del Senato sta discutendo in questi giorni il disegno di legge di iniziativa parlamentare sulle Aree protette (parchi nazionali, aree marine protette, riserve marine, parchi regionali e riserve naturali terrestri). Relatore sempre il senatore Marinello. Fra le varie misure, ai fini di recupero ambientale e di difesa della naturalità di questi territori, si prevederebbe che i titolari di permessi di prospezione idrocarburi liquidi e gassosi localizzati nelle cosiddette Aree contigue alle Aree protette versino una somma commisurata alla quantità dell’idrocarburo annualmente estratto, il cui ammontare è “definito da apposita convenzione stipulata con l’ente di gestione dell’Area”. Oneri similari, è bene precisare, sarebbero introdotti anche per impianti energetici (termoelettrico, rinnovabili, metanodotti, oleodotti…) – e per altre tipologie di attività potenzialmente impattanti a livello ambientale.
La protezione della natura non è in discussione, e ci mancherebbe.
Resta da capire quali e quanti operatori continuerebbero la loro attività di ricerca oil & gas nel nostro Paese se tutte queste azioni legislative arrivassero in porto: l’innalzamento consistente delle royalties e l’applicazione di un nuovo onere legato alle aree protette (e contigue), cui bisogna aggiungere una tassazione ordinaria molto alta, probabilmente scoraggerebbe nell’investimento anche il più ottimista degli imprenditori “upstream”.
Mentre l’Italia a parole scopre le sue potenzialità produttive nel settore idrocarburi e il governo parla di attrazione di investimenti dall’estero, mentre gli altri Paesi del Mediterraneo si attrezzano per estrarre olio e gas dai loro mari (a pochi chilometri da noi, peraltro), alcuni operatori già a mezza bocca annunciano di voler abbandonare i progetti italiani. E non si fa fatica a dar loro ragione, se lo scenario politico-legislativo rimarrà questo.
Giovanni Galgano
managing director Public Affairs Advisors
@GioGalgano
@PAAdvisors