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Perché non esiste Centrodestra senza Berlusconi

Ci vuole un fisico bestiale per essere un elettore di centrodestra e per sopportare le iniziative più o meno velleitarie, certamente personalistiche di alcuni rappresentanti istituzionali dell’area cosiddetta liberale e moderata.

A partire da quella scellerata di un delfino nominato segretario, vittima a sua insaputa delle ambizioni represse di pochi personaggi alla ricerca di una nuova dimensione e di una seconda vita, di quell’Angelino ragazzo fotocopia cresciuto all’ombra del padre politico senza però possederne il carisma e lo straordinario intuito strategico, ovvero incapace di capire che nelle democrazie moderne il peso del leader assume una rilevanza tale da trascendere ogni altra considerazione su contenuti e organizzazione del partito. Non è un caso che i numeri del “suo” nuovo partito siano malinconici, così come quelli degli altri cespugli nati dalla galassia berlusconiana una volta chiamata Casa delle Libertà diventata poi Popolo delle Libertà.

Poi succede che anche la nuova creatura di Silvio Berlusconi presenti elementi disturbati da coliche intestinali che producono iniziative grottesche come quella del governo ombra di Rotondi, effetti collaterali da presunte candidature dinastiche alle prossime Europee, colpi d’ala di alcuni che credevano di crescere e campare tutta la vita nell’ombra del capo e che si ritrovano oggi a fare i conti con la presa d’atto del leader, ovvero quella di una necessaria boccata d’aria fresca, con nuove forze ed energie consapevoli però che Forza Italia è Silvio Berlusconi, l’uomo che è riuscito a trasformare – piaccia o meno – la relazione e la comunicazione politiche con la propria base elettorale in un rapporto fideistico che, a prescindere dalle vicende giudiziarie, dalle cadute o dai fallimenti peraltro riconosciuti dal diretto interessato, lo pongono ancora oggi come figura di riferimento, imprescindibile per ambire a rappresentare un’area che non voterà mai a sinistra, nonostante l’avvento della sua fotocopia toscana, così simile a lui negli atteggiamenti e nella visione comune di un assetto parlamentare bipolare, o meglio bipartitico, da suscitare peraltro simpatie mai nascoste anche in quel di Arcore.

Viene da sorridere quando poi le critiche, a volte anche interne, mosse nei confronti di Forza Italia si riconducono in sintesi a quella di essere un partito padronale: lo è, punto. E’ Berlusconi il brand che funziona, che porta voti è può riuscire a raccogliere attorno a sé un consenso tale da poter contare laddove servono i numeri, presto in Europa nel Ppe e, quando sarà, in Italia. Del resto, anche a sinistra Matteo Renzi è il marchio di moda, quello “che tira” sebbene il partito di riferimento faccia di tutto e di più per negarlo. E nonostante alcuni lo vogliano dipingere come stanco, rassegnato, una sorta di passato che tenta di sopravvivere ai colpi del presente, ebbene così non è: basta guardare ai numeri della brava Ghisleri per rendersene conto, senza avere i paraocchi di pregiudizi, previsioni ed interpretazioni legate più a convenienze personali di piccoli leader o presunti tali che pretendono di influenzarne le decisioni. Se ne facciano una ragione, il leone sebbene condannato veleggia stabilmente oltre il 20% nelle intenzioni di voto: tutto il resto sono chiacchiere, piccole cose, insignificanti rispetto al ruolo di prima linea che Berlusconi esercita ed eserciterà a prescindere se potrà o meno godere di libertà di movimento.

Il tutto in attesa di qualcuno che possa concorrere e non competere con l’anziano leader per prenderne domani il posto, soddisfarlo nella sua giusta ambizione di dedicarsi ad altre passioni, proseguire la sua azione politica e ricostruire un’alternativa al centrosinistra di Renzi, sempre se il toscano riuscirà a reggere… ma questo è un altro capitolo. Nel frattempo, nella speranza che i corpuscoli e gli animi del centrodestra finalmente lo capiscano e non si prestino modestamente al gioco di false rivoluzioni, non resta che un augurio: lunga vita al fisico bestiale del Cavaliere.



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