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Perché le riforme del Pd piacciono poco a Ncd

Sono tre i punti su cui concorda il Pd sulla riforma del bicameralismo: il Senato non sarà più una camera politica che esprime la fiducia, non sarà più quindi un organo elettivo (e sarà eletto con una nomina di secondo grado) e di conseguenza verrà meno il bicameralismo perfetto. Sono questi, a quanto si apprende, i contenuti emersi durante l’ultima riunione, giovedì scorso, dei senatori Pd.

Un’altra riunione sullo stesso tema si svolgerà domani. Le linee guida emerse giovedì durante la riunione, che dovranno essere discusse con gli altri partiti della maggioranza (e con Forza Italia), sono già in parte contenute nella bozza di ddl costituzionale pubblicato sul sito di Palazzo Chigi. “Si partirà da quella bozza – spiega un senatore Pd – ma ovviamente non sarà il Partito democratico a decidere. Ci sarà il confronto con l’intera maggioranza, sarà poi il governo a presentare una proposta unitaria che alla fine andrà discussa con Forza Italia”.

Quello su cui ci siamo concentrati – spiega a Public Policy il senatore Pd Miguel Gotor – sono le funzioni e le competenze che il nuovo Senato per il gruppo del Pd dovrebbe avere”. Ma le linee guida preventivate dai democratici non trovano d’accordo alcuni senatori di Ncd che sulla questione dell’elezione della futura Camera delle autonomie chiedono invece l’elezione diretta di 100 senatori a cui dovranno aggiungersi i rappresentati di Comuni e delle Regioni.

La strada delle riforme inizia in salita: da Ncd infatti arrivano i primi paletti: “Nelle parole dette fino a questo momento da Renzi sull’abolizione del Senato – ha spiegato un senatore Ncd – ci sono tanti problemi costituzionali”.

Il Nuovo centrodestra ha già presentato al Senato un suo ddl costituzionale per riformare il bicameralismo. E La proposta però non assomiglia a quella annunciata più volte dal premier. “Probabilmente – continua la fonte Ncd – la distanza nella maggioranza si ridurrà a due elementi: la natura elettiva dell’organo e la riduzione dei parlamentari. Su questo non è sicuro che troveremo un accordo. Bisogna riflettere – prosegue – se è opportuno affidare a personale proveniente dagli organismi territoriali il Senato”.

Quella prospettata da più parti nel Pd e ribadita in riunione “è una Camera delle autonomie che dovrebbe legiferare sui problemi delle Regioni stesse; ma ha senso mettere le stesse persone che sono state già elette nelle autonomie ad auto controllarsi, a legiferare su loro stessi a livello nazionale?”. Quello che propone Ncd è invece “una Camera delle autonomie nominata dal popolo”. Nel ddl depositato infatti da Ncd si prevede l’elezioni di soli 100 senatori, a cui dovranno aggiungersi i rappresentanti delle Regioni”. Ncd chiede contestualmente alla riduzione del numero dei senatori anche un taglio dei deputati: meno 200.

Sulle funzioni che la nuova Camera delle autonomie dovrebbe avere “la bozza di ddl del governo – continua Gotor – limita queste competenze alle leggi costituzionali”, ma nella riunione Pd di giovedì scorso si è discusso “di un possibile allargamento di queste funzioni”. Quindi – riferisce un altro senatore Pd – “una competenza sulla legge elettorale e sui diritti fondamentali”. Tra gli altri agomenti della riunione – riferisce Gotor – il Pd si è trovato d’accordo anche sulla “necessità di cominciare dalla riforma del Senato e poi affrontare il tema della riforma elettorale”.

“Se commettessimo l’errore di varare prima l’Italicum, che ha i tempi brevi di una legge ordinaria – prosegue il senatore Pd – e poi la riforma del bicameralismo perfetto (che richiede i tempi lunghi di una legge costituzionale), basterebbe che Berlusconi decidesse, anche all’ultimo momento, di boicottare il processo di riforma del Senato per dare vita a una vera e propria frittata istituzionale che coinvolgerebbe anzitutto il Pd e il governo in un clamoroso autogol che deve essere assolutamente evitato. Avremmo infatti in funzione due leggi elettorali evidentemente contraddittorie: una maggioritaria e senza preferenze alla Camera e l’altra proporzionale e con le preferenze al Senato”.

Quindi sicuramente – riferisce una fonte Pd – “questo porterà a uno scontro con Forza Italia”. Certo è che al momento, sul ‘congelamento’ della riforma elettorale arrivata dalla Camera, nessun ‘no’ è arrivato da Forza Italia. A riferirlo il senatore azzurro Donato Bruno, secondo cui i due provvedimenti (riforma del bicameralismo e Italicum) potrebbero anche procedere di paripasso.

Per una parte del Pd lo stand by dell’Italicum potrebbe anche essere una messa alla prova per Forza Italia “per vedere – dice un senatore democratico – la volontà riformatrice sia un bluff o meno”. In ogni caso molti senatori forzisti non si esprimono sull’esame della legge elettorale, in attesa che sulla questione ci sia un nuovo accordo tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi.

Questa settimana, sul tema della riforma di Palazzo Madama, si terrà anche una riunione del Nuovo centrodestra “per discuterne e mettere a punto la posizione da tenere per migliorare la riforma”, ha detto l’ex ministro alle Riforme Gaetano QuagliarielloSOR


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