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La tragedia fiorentina di Zemlinsky

“Eine florentinische Tragödie” (“Una tragedia fiorentina”), del compositore austriaco Alexander Zemlinsky (1871-1942), è un atto unico breve (50 minuti) che richiede non solo un grande organico, ma anche tre grandi voci e tratta con estrema crudeltà di adulterio, sesso, tradimento e omicidio in un quadro intriso di decadentismo. Lo caratterizzano il sinfonismo continuo attorno ad alcuni nuclei tematici ed un declamato che scivola in ariosi.

Andò in scena a Stoccarda nel 1917- un chiaro segnale dell’implosione della Germania guglielmina durante l’anno della prima guerra mondiale che pur la vide ‘sfondare’ sul fronte italiano a Caporetto, reggere bene su quello francese ed essere vincitrice ad Est a causa dello spappolamento dell’Impero russo – “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini (1858-1924) è un’opera comica di circa un’ora, quasi polifonica data la molteplicità delle voci (14 solisti), densa di ironia su vari aspetti della vita, dall’imbroglio, alla cupidigia, all’amore. E’ stata concepita come terza parte del ‘Trittico’ che commissionato dal Metropolitan di New York andò in scena con enorme successo nel 1918 e, successivamente, a Roma sembrò segnare, nel teatro in musica, la fine, vittoriosa ma ambigua, della prima guerra mondiale (Puccini, pochi lo ricordano, era la tessera No 2 del Partito Nazionale Fascista di Viareggio).

IL TRITTICO

A una lettura superficiale può sembrare un’idea ardita accostare nella stessa serata questi due splendidi atti unici ambientati a Firenze e composti quasi contemporaneamente. Il tentativo è stato fatto, senza grande successo, nel 2005 dal Teatro alla Scala allora in trasferta agli Arcimboldi – sala eccessivamente grande per i due lavori. Nel 2004, lo ha voluto fatto a Roma l’Accademia nazionale di Santa Cecilia in una splendida edizione in forma di concerto con un cast strepitoso. Nel 1998, a Firenze l’atto comico con cui Puccini conclude il Trittico era stato accoppiato con un altro lavoro di Zemlinsky, “Der Zwerg” (“Il nano”) crudele quanto “Eine florentinische Tragödie”, se non di più. Tuttavia tra i due lavori ci sono molti nessi.

Quello di Puccini è quasi coetaneo a quello di Zemlinsky (entrambi realizzati intorno al 1917); utilizzano sia l’uno che l’altro un grande organico orchestrale (quello dell’austriaco è quasi il doppio di quello del lucchese); si svolgono nella Firenze tra Medio Evo e Rinascimento; hanno libretti di grande pregio letterario (“Eine florentinische Tragödie” è su un testo di Oscar Wilde e “Gianni Schicchi” su uno di Gioacchino Forzano). Infine, ma si tratta di dettagli, Puccini aveva pensato di mettere in musica “Eine florentinische Tragödie” in traduzione italiana (includendolo in quello che sarebbe diventato ‘Il Trittico’ come primo atto- poi venne scelto ‘Il Tabarro’) ma ci rinunciò per vari motivi. Il lavoro di Wilde venne tuttavia messo in musica, in italiano, da Mario Mariotti, premiato in un concorso per giovani compositori e rappresentato nella stagione del Teatro dell’Opera del 1914.

CHI E’ ALEXANDER ZEMLINSKY

Le vicende biografiche di Zemlinsky sono poco conosciute. Di Mariotti, addirittura, sembra essersi persa ogni traccia. “Alexander Zemlinsky – scriveva Arnold Schömberg nel 1949 – è colui al quale sono debitore di quasi tutto quello che so di tecnica e di problemi del comporre. Ho sempre fermamente creduto che sia stato un grande compositore e ne sono convintissimo ancora oggi: forse il suo tempo verrà prima che ce lo aspettiamo”. Zemlinsky, suo cognato e maestro, era morto sette anni prima poverissimo a Larchmont, vicino a New York, dopo aver tentato disperatamente di affermarsi negli Usa. Il suo lavoro più complesso, “Köning Kandaules” (“Il re Kandaules”), da un soggetto di André Gide venne respinto dal Metropolitan Opera in quanto ritenuto eccessivamente scabroso. In Italia, ha debuttato a Palermo soltanto tre anni fa. D’altronde, anche un suo estimatore come Theodor W. Adorno, considerava “ineseguibili a causa del loro soggetto” i suoi lavori per la scena.

E così, mentre i suoi allievi – oltre a Schönberg, Webern, Korngold – mietevano allori e la prima donna di cui si era innamorato, Alma, sposava Gustav Mahler, Zemlinsky faceva il professore di composizione e il direttore d’orchestra, spesso in teatri secondari. Solo dal 1980, quando “Der Zwerg” e “Eine florentinische Tragödie” furono messe in scena dall’Opera di Amburgo, Zemlinsky, grazie agli sforzi di James Conlon (ancora oggi il suo migliore esecutore)  è stato riconosciuto tra i maggiori autori del teatro musicale della prima metà del Novecento.

I suoi drammi in musica sono brevi e molto intensi, in uno stile eclettico, a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo e hanno successo soprattutto tra i giovani. Per questo motivo negli ultimi trent’anni vengono rappresentati frequentemente non solo in Germania e in Austria ma anche in quell’America che all’esule ebreo aveva sbattuto la porta in faccia.

PERCHE’ GUARDARE L’EDIZIONE DI TORINO

L’edizione presentata al Regio di Torino merita di essere vista in più teatri, italiani o non solo. In primo, a differenza di quella scaligera di dieci anni fa, non siamo in un ricco rinascimento di cartapesta ma in una Firenze Anni Venti torbida e cinica dove si avverte l’inquietante clima politico in cui viveva la borghesia del dopoguerra. La scena (Saverio Santoliquido e Claudia Boasso) è sostanzialmente unica; una camera alto borghese in cui è centrale un letto (di sesso e sudore nella prima opera, di morte ed imbroglio nella seconda); dalle finestre si scorgono scorci differenti della città del Giglio a seconda dell’opera). La regia di Vittorio Borrelli è lenta ed indugia sull’atmosfera morbosa nella prima opera; rapida come un film comico d’epoca nella seconda. Belli i costumi proto-fascisti di Laura Viglione.

IL MERITO DELLO SPETTACOLO

Soprattutto, il merito dello spettacolo va alla bacchetta di Stefan Anton Reck alle prese con due partiture coetanee ma tanto differenti. Occorre elogiare la perizia con cui ha concertato Zemlinsky facendo quasi palpare i ‘nuclei’ in cui è tessuto il sinfonismo. Di livello, il cast. Il 25 marzo (quando ero in sala) Tommi Hakala ha affrontato con successo l’impervio e lunghissimo ruolo del protagonista de “Eine florentinische Tragödie”; lo hanno ben affiancato Zoran Todorovich e Angeles Blancas Gulin. Tra i 14 solisti di ‘Gianni Schicchi’ spiccano Carlo Lepore, Francesco Meli e Serena Gamberoni.


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