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Leviathan, ecco perché Israele apre a nuovi operatori

La crisi energetica che si è aperta sul fronte orientale dell’Europa, tra Ucraina e Russia, sembra offrire potenzialità interessanti al cosiddetto “Triangolo energetico” tra Grecia, Israele e Cipro.

L’ALLEANZA GRECO-ISRAELIANA
Con due conferenze tenute alla fine dell’anno scorso al Woodrow Wilson Institute e all’Hudson Institute, l’alleanza informale greco-israeliana ha ricevuto un importante riconoscimento da parte di Washington. Tel Aviv e Atene hanno siglato un accordo di cooperazione aeronautica e a settembre 2013 ci sono stati colloqui ad alto livello nel campo della difesa tra le due capitali. Ciò è avvenuto in coincidenza con il deterioramento dei rapporti tra Israele e Turchia, ma soprattutto con la scoperta dei giacimenti di idrocarburi nel Mar di Levante, davanti alle coste israeliane e cipriote.

UNA “BENEDIZIONE” PER ISRAELE
In questo triangolo energetico un ruolo non secondario è svolto dagli Stati Uniti. La principale società impegnata nella scoperte e nell’estrazione iniziale è la texana Noble Energy. D’altra parte solo Washington può svolgere un ruolo di mediazione efficace rispetto alla Turchia, la cui tattica competitiva nel Triangolo Energetica è talora giunta a livelli di sfida e provocazione. Il bacino del Levante comprende i due maxi-giacimenti “Leviathan” (19 trilioni di metri cubi) e “Tamar” (10 trilioni di metri cubi). Per Israele, che è presente in Leviathan soprattutto attraverso il gruppo privato Delek Energy, si tratta di una scoperta fondamentale per diversificare la propria economia e diventare un attore energetico medio-orientale, giocando le proprie carte rispetto all’Unione europea.

UNA CONNECTION ISRAELO-EGIZIANA?
Le difficoltà che incontra il sistema energetico egiziano sono sempre più evidenti. L’esplosione dei consumi, facilitata dagli incentivi pubblici, insieme alla mancanza di investimenti in infrastrutture rende possibile la ripresa di intensi rapporti Egitto-Israele, l’eterno incubo dei fondamentalisti, che hanno a più riprese sabotato il gasdotto del Sinai attraverso cui passava il gas egiziano per Israele. Questa volta però saranno gli israeliani a svolgere in prospettiva il ruolo di fornitori. Secondo Bel Trew di Al Monitor, Delek Energy starebbe trattando con Il Cairo per vendere 8 miliardi di metri cubi l’anno ai consumatori: quasi una zattera di salvataggio per il generale Sisi, la cui ascesa politica avverrà nei mesi più caldi (e dunque con maggiore domanda di gas per usi energetici) e che non può permettersi di salire al potere in un Paese accaldato e al buio.

GAS ISRAELIANO PER I VICINI ARABI
Non sarebbe una novità assoluta. Già a febbraio i partner del Giacimento Tamar hanno firmato un accordo con due grandi clienti industriali giordani della durata di 15 anni a partire dal 2016, per un totale di 66 miliardi di metri cubi di gas. Si tratta di una scelta, quella di esportare il gas israeliano, che non è stata pacifica, tanto che sul punto si è dovuta esprimere la Corte Suprema di Gerusalemme. Nell’ottobre scorso ha decretato che il 40% della produzione dei giacimenti nella propria zona economica esclusiva dovrà essere riservata all’esportazione, lasciando comunque a Israele quantità di gas sufficiente per coprire la domanda interna per 25 anni, ai tassi attuali di consumo.

L’APERTURA DEL LEVIATHAN
Con un’altra decisione significativa, l’Antitrust israeliano all’inizio di quest’anno ha chiesto a Noble Energy e Delek Energy di rinunciare ad alcuni asset di esplorazione per non incorrere in sanzioni anti-monopolistiche. L’accordo è stato definito, ma senza le garanzie di ritorno di investimento richieste dall’acquirente, la società australiana Woodside Petroleum. Ne è derivato uno stallo che ha come posta in gioco la possibilità stessa che gli australiani costruiscano, secondo progetto, un impianto di liquefazione flottante, da cui esportare in Asia Orientale. Su quegli stessi blocchi si era ipotizzato qualche tempo fa un interesse dell’italo-francese Edison. Intanto, Eni e Total scaldano i motori più a nord, nella zona economica speciale cipriota, dove cominceranno le esplorazioni rispettivamente ad agosto 2014 e nel 2015.



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