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Renzi-Grasso, scontro sulla riforma del Senato

Che l’Italia abbia bisogno di riforme è indubbio. Bisogna cambiare le regole del gioco, ridefinire la struttura del Paese e questo comporta una riflessione seria e approfondita anche gli effetti che certe iniziative comportano.

In discussione, in questi giorni, ci sono molti pacchetti di riforme, dal lavoro (Dl Poletti) alla legge elettorale (Italicum), dalle province all’abolizione del Senato.

Il film è lo stesso: Renzi si presenta alla Direzione Nazionale del Partito Democratico, fa una presentazione generica senza troppe cerimonie e chiede una fiducia in bianco, che gli viene prontamente data perché i numeri sono a suo vantaggio. La minoranza dell’area Civati vota compatta per un no, l’area Cuperlo borbotta, ma non vota contro e si astiene. Renzi incassa la sua fiducia scontata e va avanti come un treno.

Fino a quando non incontra, per fortuna, la resistenza di una figura di primo piano, che è di Garanzia, quella del Presidente del Senato Piero Grasso.

L’approccio seguito da Renzi, così come dai suoi più stretti collaboratori, è quello di un autoritarismo dolce che per quanto mascherato sempre autoritarismo è.

Grasso ha fatto presente al ministro Boschi, dei suoi dubbi e dei suoi consigli e, come dichiara lui in un’intervista: hanno tirato avanti senza ascoltare.

Anche le dichiarazioni di Debora Serracchiani lasciano stupiti. Il ricordare al Presidente Grasso di essere stato eletto dal PD è una sorta di ricatto che è inaccettabile, specie perché la Serracchiani è sempre stata una persona molto pacata e ligia alle regole. Il suo comportamento lascia perplessi e sbigottiti.

Intanto, sui contenuti della riforma sono intervenuti anche illustri costituzionalisti come Rodotà e Zagrebelsky.

Spero che Renzi comprenda rapidamente che questo approccio autoritario e padronalesarà congeniale forse a partiti come il M5S e Forza Italia, ma non al PD. Aver detto “parliamone, ma tanto non si tocca nulla” è un errore grave, anzi gravissimo. Aver blindato le riforme, senza una discussione interna impoverisce il senso stesso dell’azione e priva il documento di migliorie e contributi che invece sono importanti. Il PD in questo momento, per quanto a lui possa sembrare di fare bene perché gode di un po’ di consenso, rischia di sgretolarsi sotto una gestione verticistica e poco “democratica”, Renzi #occhio.



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