Cercansi disperatamente coperture per il piano renziano. Con un rischio (da scongiurare). Ma andiamo con ordine.
I CONTI DI REPUBBLICA
In totale le misure che sono state promesse dal premier Matteo Renzi aprono un buco per 18 miliardi di euro, ma molte delle coperture si presentano incerte: le una tantum o le misure friabili pesano per più di 10 dei 18 miliardi da trovare. Quasi due terzi della manovra. E’ quanto rileva il quotidiano la Repubblica di oggi.
I NUMERI DI FUBINI
Federico Fubini di Repubblica scrive: “l taglio del 10% dell’Irap, la tassa regionale sulle imprese, costerà due miliardi. E la riduzione della bolletta energetica per le piccole imprese sottrarrà alle entrate 1,4 miliardi. Insomma, dalle slide di Renzi si evincono minori entrate in pianta stabile per 10 miliardi quest’anno e 13,4 dal 2015. Già così, senza contromisure, il deficit si avvicinerebbe al 4% del Pil”.
INCOGNITE COPERTURE
C’è la spending review del commissario Carlo Cottarelli, si dirà. “Anche qui – scrive Fubini – non sarà possibile fare molto nel 2014: forse fino a cinque o, secondo lo stesso Cottarelli, tre miliardi di risparmi. Mezzo miliardo arriverebbe tagliando i compensi ai grand commis pubblici e molto di ciò che resta da una sforbiciata sugli acquisti di forniture dello Stato. È un’area in cui c’è spazio per intervenire, anche se la vendita di beni e servizi alle amministrazioni è un’attività vitale per decine di migliaia di imprese: la crescita ne risentirà”.
LE INCERTE SOMMATORIE
“Le coperture solide per ora finiscono qua, a quota 5-7 miliardi su 18 – conclude Federico Fubini su Repubblica – Il resto ha caratteri diversi: il rientro dei capitali nascosti al Fisco in Svizzera resta arduo da misurare e dal 2015 non si ripeterà; il maggior gettito Iva prodotto dai pagamenti degli arretrati alle imprese è stimato in 5 miliardi, ma non è una risorsa in più”.
IL QUADRO FOSCO DEL REF
Quadro troppo fosco quello di Fubini? Non troppo, se si scorre l’ultimo rapporto del centro studi Ref coordinato dal macroeconomista Fedele De Novellis. Per il Ref, il Pil quest’anno non andrà oltre un + 0,6%, mentre il tasso di disoccupazione si dovrebbe fermare in media d’anno sul 12,8%. Solo nel 2015 l’espansione sarà più netta (-1,4% il Pil), ma il tasso di disoccupazione resterà ancora elevato (12,6%). In questo contesto macroeconomico, caratterizzato da un’inflazione attorno allo 0,8%, la tenuta dei conti è portata al limite: il deficit/Pil è stimato al 3% quest’anno e al 2,7% solo nel 2015, mentre il debito traccerebbe, rispettivamente, al 133,9% del Pil quest’anno e al 133,6% l’anno prossimo.
IL CONFLITTO CON L’UE
“Insomma margini azzerati per la politica di bilancio”, commenta il Sole 24 Ore scorrendo il rapporto curato dall’economista De Novellis, “tanto che nella sua nota Ref lega le chance di un consolidamento della ripresa alla concreta capacità del nuovo governo di concordare una revisione dei target Ue: una diluizione dei tempi per il pareggio di bilancio è condizione perché il recupero ciclico appena iniziato possa consolidarsi”.
LA FOLLE IDEA
Che fare, dunque, per coprire le minori entrate e le maggiori spese annunciate dal premier? Uno spettro si aggira tra aziende e comparti: le accise. Sì, proprio le tanto vituperate accise, quelle tasse e quei balzelli da sempre usati per ritoccare impercettibilmente (secondo i soloni della burocrazia tassa e spendi) i gravami fiscali con un sicuro effetto, dimostrato da studi convergenti: ogni volta che si aumenta (ulteriormente) un’accisa si danneggia un comparto a beneficio di altri settori, si incrementano temporaneamente le risorse del fisco ma i minori consumi conseguenti e dunque la flessione della produzione come effetto fa scemare l’effetto illusionistico erariale. Non è forse tempo di rottamare pratiche del genere che nuocciono gravemente alla salute dell’economia e dell’Italia?