Le valutazioni di Lagarde sono senz’altro interessanti ma trovo spiacevole suggerire dei modelli per aumentare l’occupabilità femminile, quando ogni Stato menzionato ha norme e struttura sia del welfare sia del mercato del lavoro assolutamente diversi dal nostro che pure deve essere senz’altro migliorato. Stiamo lavorando proprio in questa direzione e con risorse limitatissime, ma ce la faremo.
Con il Ministro Poletti proprio in questi giorni si sta attivando una serie di azioni mirate all’implementazione del lavoro femminile per agire concretamente su questo fronte nel solco del jobs act, del progetto Garanzia giovani con azioni mirate per le donne, e in previsione della messa a punto della delega del governo alla riforma dell’occupazione femminile: misure con relativa copertura finanziaria per dare alle donne opportunità in più per entrare e rimanere sul mercato del lavoro e dunque sostenere lo sviluppo del paese.
Noi come Consigliere di parità abbiamo messo in moto interventi mirati già dall’anno scorso con gli ispettori del lavoro e i consulenti del lavoro sul territorio per donne disoccupate e giovani nelle scuole superiori per far conoscere e capire i provvedimenti operativi. La Consigliera di parità e le colleghe sono l’organismo riconosciuto a livello europeo dalla Commissione Giustizia che ha proprio recentemente apprezzato il nostro impegno concreto nell’ambito di EQUINET organismo che coordina tutti gli organismi di parità europei. Noi dobbiamo intervenire anche in Italia per razionalizzare gli organismi esistenti che sono troppi e inefficaci.
Le Consigliere di parità alle quali è stato eliminato il fondo previsto dalla Legge.dlgs 198/2006 sia a livello Nazionale che regionale e territoriale operano efficacemente sia per prevenire le discriminazioni sul lavoro sia per sviluppare politiche attive per le donne. Auspico un riordino degli organismi di parità che devono essere in capo alla Presidenza del Consiglio e di cui una gestione collegiale in un unico organismo con la Consigliera nazionale, il Capo Dipartimento Pari opportunità e un/una delegata della Presidenza del Consiglio è la soluzione più razionale (così si renderebbero efficaci azioni e interventi trasversali con altri ministeri Estero,PA,economia, ecc) e depositari delle risorse in riferimento ai ruoli svolti (lavoro, immigrazione,violenza, eccc) e soprattutto per una omogeneità anche nei confronti delle politiche europee e internazionali. A livello territoriale lo stesso medesimo modello così da razionalizzare le risorse in materia di PO e non disperdere energie soprattutto del Fondo sociale europeo.
Per un riordino efficace della delega da subito si può:
1) La Famiglia in quanto tale è prestatrice d’opera (sostituendo di fatto il welfare nell’accudire il nucleo con il lavoro di cura) e deve diventare soggetto di riferimento nella definizione del welfare di sussidiarietà e quindi di servizi pubblici e privati.
2) Applicare il sistema di bilateralità nelle aziende, per ampliare l’intervento e sostenere oltre alla formazione, i congedi parentali e quindi il reddito del lavoratore/lavoratrice che si assenta per periodi di cura e assistenza e non gravare solo sulle aziende agevolando così la conciliazione tempo di vita e di lavoro.
3) a. Lavoratrici autonome Congedo di maternità per le iscritte alla Gestione separata INPS con estensione del principio di automaticità delle prestazioni. Già ad oggi tutte le iscritte alla Gestione separata INPS che non abbiano altre coperture contributive in altre gestioni o non siano pensionate possono accedere all’indennità di maternità (art.59 co.16 L.449/97), ma per loro non opera il c.d. principio dell’automatismo delle prestazioni previdenziali sancito per i ‘prestatori di lavoro’ (art. 2116 c.c.) in forza del quale le prestazioni sono comunque garantite anche nel caso di mancato o irregolare versamento da parte dell’imprenditore dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti (Circolare Inps del 06 settembre 2006, n. 95 paragrafo 5 lett.c). Sarebbe utile estendere l’efficacia del principio non solo alla tutela della maternità (come proposto nel Job Act) ma a tutte le prestazioni previdenziali erogate alle e agli iscritti alla gestione separata INPS (malattia, trattamenti pensionistici);
b. Estensione del diritto “universale” alla maternità per tutte le iscritte alla gestione separata INPS. Al momento, il diritto spetta solo alle lavoratrici che possano vantare un accredito di almeno 3 mesi di contribuzione nei 12 mesi precedenti l’inizio dell’evento (deve considerarsi come il minimale contributivo per i collaboratori non è determinato come per i lavoratori dipendenti, ma viene calcolato sulla base della contribuzione versata nell’anno e poi riparametrata sul minimale mensile. Pertanto, può succedere che collaborazioni che durino tutto l’anno in realtà a livello contributivo non arrivino a coprire i 12 mesi, ma solo parte dell’anno – vedi circ. INPS 26/05/2003 n.93). Per rendere universale il diritto si potrebbe concedere il diritto al congedo anche a lavoratrici che – in costanza di rapporto – possano far valere meno di 3 mesi di contribuzione, al pari di quanto avviene per le lavoratrici dipendenti.
4) Verificare la possibilità di istituire un Fondo di solidarietà contrattuale e sussidiarietà tramite la contrattazione collettiva finalizzato al sostegno al reddito del/della lavoratore/lavoratrice che si assenta per cura di famigliari. Tale Fondo potrebbe essere anche implementato, in parte, dalle risorse riunificate della spesa sociale dedicata al lavoro e alla promozione dell’occupabilità femminile precedentemente stanziate dalle leggi 53/2000 art 9 – legge 125/2001 – legge 215/1992 imprenditoria femminile, nonché dal Fondo della Presidenza del Consiglio dei Ministri che opera completamente slegato dagli interventi degli altri ministeri sempre sugli stessi temi.
5) Implementare il fondo previsto dall’art 8 della legge 183/2011 per detassare la conciliazione vita-lavoro attraverso il sistema applicato sugli accordi di produttività attualmente soggetta a decontribuzione, considerandoli produttività perché flessibilità e dunque conciliazione anche avvalendosi della raccolta di prassi dell’Osservatorio sulla Contrattazione in capo alla Consigliera Nazionale, attivato sull’analisi degli strumenti previsti dall’accordo comune delle parti sociali del marzo 2011.
6) Ripristinare nel bilancio INPS, alla voce assegni famigliari, l’utilizzo delle contribuzioni in attivo di un miliardo e dirottati sui bilanci in passivo previdenziale.
7) Utilizzare insieme alle Regioni sia nei POR che in ambito nazionale il Fondo Sociale Europeo per sostenere la conciliazione vita/lavoro con progetti operativi e concreti.
8) Concretamente analizzare quanto spazio dà l’Europa al lavoro dei giovani e delle donne, tema messo a margine dai temi dell’economia e della finanza. Teniamo conto che il tema della disoccupazione dei giovani in Europa (e delle giovani donne dunque) interessa il Sud e l’Est (i paesi più deboli della comunità). E’ determinante sapere come si utilizzeranno i fondi della Banca Europea per investimenti per le piccole e medie imprese, l’innovazione, poiché anche l’accesso al credito per i giovani e le donne è fondamentale per sostenere le start up di imprese anche in ambiti che sono fonte di sviluppo come il turismo, la cultura, i servizi alla persona ed educativi.