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Ecco cosa succederà nei mercati internazionali

Nel nostro ultimo Asset allocation update, abbiamo delineato le prospettive per il 2014 sulla base di tre domande:

1) Come reagiscono i mercati obbligazionari alla normalizzazione della politica monetaria?

2) Cosa accade ai mercati emergenti come conseguenza di tale normalizzazione?

3) Gli utili delle imprese sono in linea con le aspettative?

TEMPI DIFFICILI PER I MERCATI
Il primo trimestre è stato difficile per i mercati, alle prese con le domande sopra esposte, nonché con un’escalation del rischio geopolitico e con il persistere dei timori legati al gonfiarsi della bolla del credito in Cina. I mercati sono stati particolarmente scossi a gennaio e febbraio, ma la propensione al rischio è tornata e il sentiment degli investitori è migliorato. Con riferimento alle azioni, ad eccezione del Giappone, i mercati sviluppati sono adesso agli stessi livelli di inizio anno, dopo un netto calo registrato nel corso del primo trimestre. Nonostante il significativo rally della scorsa settimana, il quadro è più contrastante tra i mercati emergenti. Per quanto riguarda il reddito fisso, sebbene i rendimenti siano decisamente inferiori a quelli di inizio anno, nei paesi core essi stanno tornando ad aumentare e sono risaliti significativamente dai recenti minimi. Nei mercati del credito gli spread si stanno riducendo ulteriormente (con rendimenti del 4% si può ancora parlare di alto rendimento?) e il debito dei mercati emergenti, al pari delle azioni di questi paesi, ha segnato un notevole rally di recente.

IL CONTESTO MACROECONOMICO
Con riferimento al contesto macroeconomico, i mercati sviluppati continuano a evidenziare una tendenza al miglioramento, sebbene a un ritmo più moderato di quanto avessimo previsto a inizio anno. La Federal Reserve resta fedele all’annunciato ritiro progressivo del QE e ci si aspetta ormai che i tassi a breve inizino a salire nel primo semestre 2015. Non è semplice stimare l’impatto della normalizzazione della politica monetaria sull’economia, ma è certo che essa rappresenterà un ostacolo. D’altro canto il debito rimane persistentemente elevato. In Europa, lo spettro della deflazione si fa più vicino, ed essendovi timori per il debito simili a quelli degli Stati Uniti, la BCE sta certamente considerando opzioni di intervento più “creative” rispetto a quanto fatto finora. Siamo convinti che eventuali nuove misure sarebbero lanciate da una posizione di debolezza e avrebbero già dovuto essere introdotte, alla luce della debole attività economica, di una periferia estremamente fragile e di un’inflazione ostinatamente bassa. In Giappone, l’Abeconomia sembra essere in una fase di stallo e la valuta ha smesso di deprezzarsi. Il nervosismo per l’impatto dell’imposta sui consumi ha provocato un netto ribasso del Nikkei rispetto ad altri mercati sviluppati, diversamente dai trend osservati lo scorso anno.

L’ENIGMA CINESE
Il principale enigma è tuttavia forse la Cina. Negli ultimi anni vi è stata un’esplosione del credito, facilitata dal sistema bancario ombra, con gli investitori retail invogliati da un’ampia offerta di prodotti di risparmio che promettono rendimenti mirabolanti, ma i cui investimenti sottostanti sono spesso opachi. È chiaro che ormai le autorità sono preoccupate per questa situazione e gli investitori rischiano senz’altro di vedere un numero sempre maggiore di fallimenti di questi fondi. Altre economie hanno registrato una crescita del credito simile in passato ed è difficile trovare casi in cui sia finito tutto bene. Nel migliore degli scenari, assisteremo probabilmente a una riduzione significativa del tasso di crescita della Cina, ma il risultato potrebbe essere nettamente peggiore. Indubbiamente, la prolungata sottoperformance delle azioni cinesi ha scontato parte di queste preoccupazioni e le valutazioni sono basse rispetto ad altri mercati. Tuttavia, lo scoppio della bolla del credito cinese potrebbe mettere a dura prova il sistema finanziario del paese e più in generale spaventare gli investitori.

MENO OTTIMISTI
Di conseguenza, abbiamo deciso di dimezzare il nostro sovrappeso sulle azioni e di passare a una posizione neutrale sulla liquidità. Rimarremo sovrappesati sulle azioni, poiché le valutazioni sono perlopiù ragionevoli, anche se meno interessanti rispetto al passato. Abbiamo altresì deciso di incrementare il nostro sottopeso sulle azioni asiatiche, sulla scorta dei timori per la Cina, e di aumentare il nostro sovrappeso sul Giappone, convinti che l’impatto dell’imposta sui consumi sarà meno negativo di quanto temuto. Pur rimanendo sovrappesati sulle azioni, ci sembra giusto affermare che siamo meno ottimisti rispetto a qualche tempo fa. Nell’ambito del reddito fisso, i rendimenti core sono destinati ad aumentare e le valutazioni nel mercato del credito sono molto meno interessanti data l’entità della riduzione degli spread. Solo i mercati emergenti sembrano offrire valutazioni convenienti, ma alla luce dei rischi legati alla Cina, ai fattori geopolitici e alla macroeconomia, riteniamo opportuno evitare un aumento della ponderazione al momento. La buona notizia è che questo contesto dovrebbe continuare a creare opportunità per gli stock picker, che dovremmo essere in grado di continuare a sfruttare.

Mark Burgess, Chief Investment Officer di Threadneedle Investments


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