Nell’abolizione del divieto di fecondazione eterologa deciso dalla Consulta non vedo la tanto conclamata “vittoria della scienza”.
Tra le conseguenze di questo pronunciamento non vedo nuove certezze, semmai la rottura di un equilibrio che la legge 40, pur migliorabile come tutte le leggi fatte da uomini e donne, assicurava, favorendo un percorso di procreazione assistita assimilabile a quella naturale e permettendo in questi anni a molte coppie di avere figli.
Vedo il rischio di un far west procreativo con tutte le conseguenze, anche di mercificazione della vita e dei corpi, che un vuoto normativo o una non chiarezza delle legge trascinerebbe con sé.
Due senatrici del Pd mettono in guardia dal fatto che la fecondazione eterologa apre a pericolose commercializzazioni di gameti, ovuli e ovociti e a delicati problemi di identità del nascituro. Io ho sempre pensato al diritto come alla difesa del più debole, e il più debole in questo caso mi sembra il bambino, che non avrà certezza sui suoi genitori – Chi sono? Quanti sono? – e quindi sulle sue origini.
Non è una decisione senza conseguenze sulla concezione di famiglia, di società. Che ne sarà, ad esempio, del dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli? Quale genitore, quello biologico, quello assistito o entrambi?
Leggerò le motivazioni della Consulta. Per ora prendo atto, ma dico che di un tema così delicato mi sembra doveroso che torni a occuparsene il Parlamento.
Maurizio Lupi
(Nuovo Centrodestra)
Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti