Ci sono due Pd? Due sinistre? O una sinistra e una destra all’interno dello stesso partito? Queste le domande che sorgono pensando ai due palchi democrat andati in scena contemporaneamente sabato scorso. A Torino il Pd renziano inaugurava la campagna per le amministrative e le Europee, a Roma Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e Guglielmo Epifani guidavano la riscossa contro la deriva elettorale permanente del nuovo Pd targato Renzi.
LA GUERRA DEL TRATTINO
“La guerra del trattino” la chiama Francesco D’Onofrio, costituzionalista, tra i fondatori dell’Udc, che di guerre intestine all’interno della Dc ne ha viste tante: “Per Renzi vince il centrosinistra senza il trattino, è lui a rappresentare le istanze della sinistra e del centro, perché la vera alternativa per il presidente del Consiglio è tra conservatori e riformatori, tra vecchio e nuovo. D’Alema invece è rimasto alla vecchia logica secondo la quale la sinistra vince alleandosi con il centro, un centro-sinistra con il trattino. Il problema è che non vedo all’orizzonte un qualche partito di centro alleabile con il Pd ”.
PREMIER E SEGRETARIO
A non andare giù ai rappresentanti della minoranza democrat è poi la coincidenza tra segretario e presidente del Consiglio. “La vecchia filosofia Dc secondo cui deve esserci una separazione di ruoli tra partito e governo”, la descrive D’Onofrio, “mentre per Renzi bisogna necessariamente avere l’uno e l’altro, non ci sono due vertici ma uno solo”.
LA VISIONE DEL PARTITO
Ciò dipende dalla visione del partito che per Renzi è una sorta di comitato elettorale permanente in cui a contare sono i “cittadini-elettori. In questo assomiglia a Berlusconi. Entrambi tendono a vivere il momento elettorale come quello decisivo, una tradizione americana o francese più che italiana”. D’Alema invece punta ai “cittadini-iscritti, per questo nel suo intervento di sabato ha fatto un richiamo all’importanza del tesseramento”.
IL PD DEGLI ISCRITTI CHE RENZI HA CONQUISTATO A META’
Un partito degli iscritti che Renzi ha conquistato a metà, ricorda D’Onofrio, a differenza della larga maggioranza raggiunta con le primarie aperte. Per questo il segretario del Pd, secondo la visione del professore e costituzionalista, “non può pretendere l’accettazione di qualsiasi cosa. Non basta aver vinto il congresso per chiedere la sudditanza a tutto il resto del partito”.
DOVE SI GIOCA LA PARTITA
Il terreno di scontro tra questi due Pd sarà ora la legge elettorale e la riforma del Senato. “Fino a che punto Renzi accetterà emendamenti ai suoi testi? E fino a che punto D’Alema presenterà emendamenti che non rappresentano un altro impianto di riforma?”, si chiede D’Onofrio. Una questione che rimbalza direttamente su Berlusconi: “Se Renzi raggiungerà l’accordo nel Pd, potrà dire che le sue riforme verranno approvate comunque. Se non lo raggiungerà, l’asse con Forza Italia sarà determinante”.