Al contrario di quanti sono pronti a fare delle prossime elezioni una sorta di esorcismo collettivo o un esercizio di rimozione destinato a infrangersi contro il muro della realtà e delle perduranti insidie della crisi italiana, c´è chi ritiene e sostiene apertamente (per usare le parole del ministro Riccardi) che il governo Monti non è la fine della Seconda Repubblica, ma l´inizio di un nuovo ciclo politico e che la svolta impressa nell´azione di governo e spesso gravemente rallentata, sui principali dossier, dalle resistenze della maggioranza parlamentare è a tutti gli effetti il capitale politico più ingente e prezioso di cui l´Italia oggi dispone.
Quanti condividono questo giudizio, che è impegnativo e tutt´altro che conformistico, se non altro perché decisamente minoritario all´interno del mondo politico, sono quindi attesi a una sfida elettorale difficile. D´altra parte, com´è abbastanza evidente dall´indisponibilità dichiarata sia da parte del Pd che del PdL alla prospettiva di un Monti-bis e all´ancoraggio del futuro esecutivo a una piattaforma montiana, è evidente che la sfida non è solo di credito, ma di consenso e che i voti montiani di qui in poi andranno contati, e non solo pesati.
Da questo punto di vista, la questione del “cosa” e quella del “come” indissolubilmente si legano. Lanciare un messaggio di unità e responsabilità al Paese senza trovare la forza di unire sotto un solo simbolo gli artefici di questo disegno sarebbe a mio avviso un errore grave non solo sotto il profilo dell´immagine; e lo sarebbe in uguale misura per i politici e i non-politici, per Fini e Casini con i loro rispettivi partiti e per Montezemolo e gli altri animatori di “Verso la Terza Repubblica”.
Se una prospettiva montiana non riesce a unire i suoi sostenitori e aspiranti protagonisti, più difficilmente potrà unire e persuadere i suoi potenziali elettori. È questa assai più della disponibilità di Monti a capitanare l´avventura elettorale la questione più urgente e sensibile. Il problema non è solo di organizzazione, ma di credibilità. Quella di marciare divisi per meglio colpire uniti rischia di essere un´illusione: se l´obiettivo è quello di legittimare democraticamente la continuità di governo, anche a prescindere dalle scelte future del premier, l´ognun per sé elettorale rischia gravemente di indebolire questo tentativo.