Rendere un paese più competitivo è un discorso all’ordine del giorno, con i governi nazionali e le organizzazioni internazionali che abbracciano tale argomento come obiettivo della loro politica economica.
QUESTIONE DI COMPETITIVITÀ
La competitività è meglio intesa come capacità di un paese a generare prosperità, utilizzando tutte le risorse e le competenze della sua economia. Non esiste un modo unico per un paese per arrivare in cima alla classifica della competitività, e questo è un bene.
Il problema è che la competitività del paese è stata spesso male interpretata, come a volte accade con concetti simili ampiamente utilizzati. Partendo da questo presupposto, è arrivato il momento di correggere cinque equivoci comuni, relativi a ciò che rende una nazione competitiva:
La Competitività del Paese non è un gioco in cui i paesi competono come nello aziende e industrie. Le imprese competono per guadagnare quote di mercato, per godere di economie di scala, o per sfruttare i vantaggi della prima mossa in nuovi prodotti e nuovi mercati. Tradizionalmente, la concorrenza a livello di una società è un gioco in cui tu vinci, io perdo. Al contrario, rendere i paesi più competitivi prevede la cooperazione da un lato, così come la concorrenza dall’altro. In particolare, il commercio dei mercati consente alle economie di collaborare per accrescere la prosperità per tutti.
I dati Del “World Competitiveness Center” di IMD mostrano che, tra il 1994 e il 2013, l’economia media nel nostro campione di 60 paesi ha goduto di un aumento del PIL pro capite (parità in termini di potere d’acquisto), del 43%, da $ 17.691 nel 1994 a 25.278 $ nel 2013. Quasi nessuna delle 60 economie ha visto il suo PIL pro capite complessivo declinare nel periodo di 20 anni, ad eccezione di un solo 15 per cento.
Questo vuol dire che nella gara di competitività, tutti possono vincere nel lungo periodo.
COSA VUOL DIRE ESSERE COMPETITIVI
Competitività del Paese non significa solo esportare di più. È vero che la capacità di esportare è un driver fondamentale della competitività. Infatti, uno sguardo più attento ai dati mostra una correlazione positiva (0,41) tra il punteggio di un paese dato dal World Competitiveness Center e il criterio che misura il suo contributo alle esportazioni mondiali (in termini percentuale Basato sui dati del 2012). Tuttavia, alcune delle economie più competitive del nostro ranking del 2013 sono importatrici nette, compresi gli Stati Uniti in prima posizione. Lo sviluppo di un forte mercato interno dei consumi e delle imprese che acquistano beni e servizi stranieri può essere auspicabile, se ad un paese manca un vantaggio competitivo in alcuni importanti settori.
Raggiungere l’eccellenza nell’esportazione dovrebbe essere una priorità del governo solo nella misura in cui crea posti di lavoro e la prosperità del paese. Esportazione nelle campo delle costruzioni o dei servizi bancari, per esempio, non necessariamente genera posti di lavoro a casa. L’esportazione nel turismo e nei servizi legati ai viaggi, manufatti e prodotti agricoli invece genera posti di lavoro. Ma d’altro canto, uno stesso paese può ostacolare la sua competitività se promuove i settori che creano posti di lavoro per lo più all’estero.
IL RAPPORTO CON LA DEMOCRAZIA
La Competitività del Paese non richiede istituzioni democratiche. Infatti, tra i primi dieci paesi della classifica mondiale di competitività di IMD per il 2013, quattro di loro sono tra i 20 paesi meno democratici del mondo secondo “l’Economist Intelligence Unit”. La storia dimostra che la democrazia porta ad abbassare i livelli di corruzione, ad una maggiore trasparenza e un maggior rispetto dei diritti di proprietà. Tuttavia, la democrazia non sembra essere una condizione necessaria per una maggiore competitività. (Si tratta di una questione empirica interessante se la democrazia porta a una maggiore competitività, o se la competitività si traduce in ultima analisi in una richiesta di democrazia). Infatti, paesi come Singapore e gli Emirati Arabi Uniti non sono democrazie a pieno titolo, nonostante il loro rango sia molto elevato.
Per i paesi nelle prime fasi della costruzione della competitività, la domanda è: quale è il modello da seguire? Contrariamente a quanto organizzazioni internazionali come il FMI o la Banca Mondiale avrebbero consigliato 20 anni fa, un economista spassionato e obiettivo non può suggerire che la democrazia è chiaramente il punto d’inizio per raggiungere la prosperità.
LA FELICITÀ
Competitività del Paese non significa maggiore felicità. Il libro della competitività di IMD non indica dove le persone vivono più felici o meglio, a meno che la qualità della vita si identifica con la disponibilità di risorse economiche e di mezzi finanziari.I paesi più competitivi sono i più prosperi, ma non necessariamente i più felici. La felicità è un concetto relativo, di solito misurata chiedendo alle persone come si sentono rispetto ad un gruppo di riferimento. La felicità non può essere un obiettivo di politica economica e non è quindi un indicatore chiave delle prestazioni in gara competitività. Gli indicatori di felicità disponibili mostrano che la Danimarca si colloca in alto, ed è anche classificata al 12 ° nel 2013. Al contrario, l’Ucraina ha la popolazione meno felice nei 60 paesi nel nostro universo, e si classifica 49 ° in competitività. Tuttavia, non vi è alcun rapporto coerente tra felicità e concorrenza.
UNO SGUARDO AL FUTURO
Competitività del Paese non è solo la crescita economica. La crescita è solo un sottoprodotto di lungo termine della competitività. Vi è un crescente consenso, ora che i cosiddetti paesi MINT (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia) sono alcune delle economie più promettenti per i prossimi decenni. Ma sarebbe un errore concentrarsi su dati macroeconomici come unici indicatori del loro successo. Come la ricerca di IMD ha dimostrato nel corso degli ultimi 25 anni, i risultati di competitività sono una combinazione di risultati economici, di percezioni, di valori, di risorse e competenze. Solo escludendo interpretazioni errate che riguardano la competitività i paesi saranno in grado di rispondere alle sfide dei mercati globali.
Arturo Bris è Professore di Finanza presso IMD e dirige il World Competitiveness Center