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Perché Renzi non aggredisce il mefitico capitalismo municipale?

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo l’articolo di Sergio Luciano apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

Sarà bene che Renzi non rallenti la sua meritoria corsa riformista sulla cerniera delicatissima delle privatizzazioni, una delle tante sulle quali tutti i governi che lo hanno preceduto hanno perso la faccia, o quasi. L’hanno persa privatizzando male e di fretta, come il governo Prodi nei secondi anni 90, sia pure con la scusante dello «stato di necessità» dopo l’accordo Andreatta-Van Miert che obbligava l’Italia a una severa «cura dimagrante»; o l’hanno persa privatizzando niente.

COSA DEVE FARE RENZI

Renzi invece di privatizzare deve, assolutamente, ma soprattutto deve farlo bene, e gli sarà maledettamente difficile riuscirci. Ostacoli di ogni genere e specie, si staglieranno contro il governo. Per esempio sul fronte delle privatizzazioni immobiliari: complessi demaniali a volte anche imponenti e celebri che spesso però sul mercato non valgono niente, o perché costa troppo ristrutturali o, più spesso, perché non si può mai avere la certezza che venga un giorno autorizzata (dagli enti locali, naturalmente) la necessaria, nuova «destinazione d’uso» che qualunque investitore pretende giustamente di poter dare alla caserma, al faro, al castello che pensa di acquistare.

UN OSTACOLO

Ma c’è un altro ostacolo da superare, anzi abbattere, e sono le microcaste locali che sulla proprietà pubblica di aziende e aziendine (più o meno decotte) ha costruito e gestisce un ramificato sottopotere: e che per questo piuttosto che vedersele sfuggire di mano faranno la macumba contro il toscanaccio.

I NUMERI

In Italia si contano oltre 6 mila società partecipate dai Comuni, di cui 2 mila perdono quattrini, per un totale di 2 miliardi di euro di buco. Le partecipate regionali sono altre 1.700 e allargano il buco di altri 800 milioni. Perché tutto questo? Per dare potere ai politici locali, punto.

PROPRIETA’ LOCALI PER AZIENDE INTERNAZIONALI

Perché una società come la Sea, che gestisce due tra i primi cinque aeroporti italiani, deve essere controllata dal Comune di Milano? E perché l’Acea, colosso energetico che lavora in mezza Italia, deve appartenere al Campidoglio? O A2A ai comuni di Brescia e Milano? Che c’azzeccano, queste proprietà locali, per aziende internazionali? Assolutamente niente. E queste aziende o non sono strategiche per la nazione, o meglio – quando e se lo fossero – non avrebbe comunque senso affidare a dei comuni il presidio di questa eventuale strategicità. È qui che Renzi dovrà dimostrare quanto riformista è. Rottamando il capitalismo municipale con le privatizzazioni locali. Perché vi si sprigiona il peggio dell’inettitudine, dell’inefficienza e delle ruberie dello Stato padrone: nella sua versione strapaesana.



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