Pubblichiamo un intervento di Piercamillo Falasca, segretario dell’associazione ZeroPositivo e promotore del manifesto “Verso la Terza Repubblica”
La coraggiosa iniziativa politica di Matteo Renzi ha condotto il centrosinistra a un processo di modernizzazione e trasparenza nella selezione della leadership, ma l’effetto di rinculo è stato notevole: Pierluigi Bersani ha “sinistrizzato” il suo linguaggio, la dirigenza ha opposto un atteggiamento bullista al ragazzotto fiorentino, Rosy Bindi e Massimo D’Alema promettono fin dalle prime dichiarazioni post-primarie di voler restare ottimamente protagonisti del campo di gioco. Il nuovo mito di governo del centrosinistra bersaniano sarà con ogni probabilità François Hollande, non certo Tony Blair.
In termini di visione e di dinamica politica, la coalizione che Bersani guiderà alle elezioni ricorda la riedizione stantìa dell’Unione del 2006. Il grado di frammentazione è minore, ma il contesto economico e sociale è così complicato (allora si permettevano di spartirsi e spendere i tesoretti, che irresponsabilità…) che le contraddizioni rischiano di frenare ogni serio tentativo di riforma. Un governo quotidianamente costretto a confrontarsi con le posizioni di Vendola, Fassina e Camusso (i quali prenderanno il posto che nella litigiosa compagine prodiana avevano Giordano, Mussi o Epifani, ve li ricordate?) rischia seriamente di non avere la forza necessaria e la lungimiranza per aggredire i problemi strutturali dell’economia italiana e iniettarle le dosi di libertà economica e innovazione di cui ha profondamente bisogno.
Tra la farsa di Forza Italia 2.0 e la tragedia dell’Unione 2.0, non possiamo – in questa manciata di settimane che ci separano dalle elezioni politiche – sciupare l’occasione di proporre agli italiani un’alternativa valida e credibile. Non possiamo frammentare il fronte riformatore in listine e partitucoli: dobbiamo ambire ad ampliare la prospettiva e la portata di una nuova offerta politica. Facciamo ognuno un passo indietro, affinché si possa fare tutti un balzo in avanti. Il rischio, se restiamo arroccati, è che sia l’Italia a tornare indietro.
Agli amici di Fermare il Declino, il cui appello fondativo mi onoro di aver sottoscritto, proporrei un “disarmo bilaterale” con i promotori del cantiere nato con il manifesto Verso la Terza Repubblica (V3Rep), promosso in primis da Italia Futura. Le rotture creano spesso diffidenze reciproche e malanimo, ma l’agire politico non dovrebbe indulgere in troppi condizionamenti personali.
FiD non si riduca ad un ruolo consulenziale di questo o quell’esponente di partito, né s’illuda di avere il fisico sufficientemente robusto per attrarre pezzi significativi dell’elettorato renziano. Contemporaneamente, una nuova offerta politica riformatrice e alternativa agli sgangherati partiti della Seconda Repubblica non può rinunciare a cuor leggero alla vitalità di FiD, capace di fare breccia tra i ceti più produttivi del Paese, e a quell’atteggiamento di rottura dello status quo che Oscar Giannino sa interpretare in modo quanto mai efficace.
Ci sia posto nel cantiere programmatico di V3Rep per le proposte di liberalizzazione, di riduzione della spesa pubblica e del carico fiscale, di arretramento dello Stato dalla vita e dal lavoro degli italiani. Parimenti, Fermare il Declino abbandoni la sua pregiudiziale purista e “anti-montiana”. Gli errori o le timidezze dell’esperienza del governo tecnico non certo vanno taciuti, ma non si può rischiare di mischiare la propria voce con quella di chi usa l’opposizione a Monti come base per una critica sistemica all’economia di mercato, alla disciplina fiscale o alle politiche di liberalizzazione dell’economia. Né si può confondere il medico e le sue cure con la malattia: in questo anno e mezzo di esecutivo tecnico Mario Monti ha fatto più o meno quel che poteva, non quel che voleva; non forniamo alibi e capri espiatori a partiti falliti e screditati.
Se abbiamo a cuore le sorti del Paese, se crediamo che i prossimi due-tre anni siano cruciali per la tenuta sociale dell’Italia, non limitiamoci a fare testimonianza, magari sperando che il peggio passi e che qualche punticino percentuale alle elezioni sia un buon viatico per il futuro. Sarebbe un errore fatale. Siamo nell’epoca dell’emergenza, non della navigazione tranquilla: l’etica delle decisioni deve prevalere sulla convenienza di parte, ammesso che lo splendido isolamento sia conveniente. Se ben spiegate, anche il simpatizzante più innamorato non potrà che riconoscere l’opportunità di una scelta di buon senso. L’accettazione della realtà – per come questa è e non per come vorremmo che fosse – è il viatico migliore per dare forma e sostanza alle nostre idee di libertà economica e individuale. Con o senza Monti, direi.