Avanti come un treno anche sulla Giustizia. Sarà giugno il mese riservato alla riforma in materia ma un assaggio di quello che ha in mente Matteo Renzi lo si è avuto alla conferenza stampa a Palazzo Chigi dello scorso venerdì. “Io non commento le sentenze, mi aspetto che i magistrati non commentino il processo di formazione di leggi che le riguardano”, ha detto il premier, anticipando di voler ridurre loro lo stipendio da 311 a 240mila”. Parole che hanno subito mandato su tutte le furie l’Anm perché “le leggi, così come le sentenze, si possono commentare e anche criticare”.
Ma c’è un altro capitolo che rischia di acuire le tensioni tra il premier e le toghe. Quello della giustizia amministrativa. L’idea del governo è di abolire le “sospensive” a pioggia, cioè il blocco temporaneo delle iniziative contestate fino a sentenza, e di imprimere uno sprint ai tempi dei procedimenti.
I malumori renziani verso il Tar arrivano direttamente dalla sua esperienza da sindaco, racconta il Secolo XIX. Sembra che nel luglio 2003, in riferimento al dubbio dei giudici sul permettere o meno una manifestazione in una piazza, l’allora primo cittadino di Firenze abbia sbottato: “Rivendico il diritto d’un sindaco e non del Tar a concedere o meno una piazza. Se arriva a sindacare sulle scelte di un’amministrazione, siamo al di là di un modello amministrativo chiaro ed efficiente”.
A fermare il caterpillar fiorentino potrebbe essere la Corte costituzionale. Già quattro volte la Consulta ha sentenziato che il ricorso alla sospensiva è “parte integrante” dell’azione di Giustizia. E sempre il Secolo XIX svela che un gruppo di avvocati amministrativisti si è già attivato per tentare di scongiurare la rivoluzione sui Tar pensata da Matteo. Ma Matteo lo ascolterà?