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Cosa non mi piace del DL Lavoro di Renzi e Poletti

Il DL Renzi-Poletti sul Lavoro non mi convince, anzi mi scontenta parecchio.

Sarò polemico, un gufo o una cassandra, sarò noioso e quello che volete, ma non si può pensare che, con il 40% e più di disoccupazione giovanile, la soluzione sia rendere ancora più selvaggio l’impiego delle assunzioni a tempo determinato e lo strumento dello stage che è, ricordiamolo, formativo e non piegato al profitto immediato di questa o quell’impresa.

Su Internazionale, viene spiegato bene questo DL. Qual’è l’effetto che questo DL produrrà sul mercato del lavoro italiano? Lascerà alle imprese un altissimo margine di decisione sui destini occupazionali dei giovani diplomati e laureati, esponendo così quest’ultimi ad una intensificazione della condizione di precarietà e di incertezza, il tutto senza alcuna base formativa.

La flessibilità è stata (ed è) un paravento rispetto ai reali intenti di questa Politica post-moderna: fluidificare tutto, anche le certezze. Parlano tanto di radici, soprattutto a destra, ma lavorano costantemente per il loro sradicamento, per la creazione di campi sospesi a mezz’aria, dove le persone scalciano nel vuoto affannosamente, nell’illusione di trovare qua e là, qualche base traballante su cui appoggiarsi.

Il sistema che si sta delineando, al di là delle finte discordie tra NCD/Scelta Civica e Governo, è quello di una sistematizzazione della precarietà che non avrà altro scopo se non quello di modificare il dato statistico della disoccupazione (perché la domanda che pone l’ISTAT ti colloca oggi negli occupati, domani nei disoccupati con molto semplicità) dimenticandosi completamente della vita reale delle persone.

Ma che possibilità c’è di pensare al futuro, al fare una famiglia (anche qua la destra è tanto severa nel dire che la famiglia va tutelata, ma poi si smentisce) qualunque essa sia, omosessuale o meno, con o senza figli, se non c’è la minima sicurezza di un presente sereno e dignitoso? 

 

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