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Corriere della Sera e Repubblica ammettono: Renzi è un tassator cortese

Renzi è proprio un tassator cortese. No, non è quello che scrivono papale papale Corriere della Sera e Repubblica. D’altronde i due principali quotidiani italiani non sono mica il megafono delle tesi berlusconiane, come capita spesso invece al quotidiano il Giornale diretto da Alessandro Sallusti.

OLTRE LA RETORICA RENZIANA

Eppure i quotidiani diretti rispettivamente da Ferruccio de Bortoli e da Ezio Mauro mettono in evidenza che al di là della strategia comunicativa renziana, che tende a enfatizzare sia il bonus Irpef che il taglietto Irap, il governo ha aumentato alcune imposte. A riconoscerlo è, ad esempio, il vicedirettore di Repubblica nell’editoriale del dorso de lunedì “Affari&Finanza”.

IL LAMENTO DI REPUBBLICA

Beninteso, scrive Giannini di Repubblica: l’incremento dal 20% al 26% dell’aliquota sulle rendite finanziarie non dovrebbe scandalizzare nessuno, visto l’allineamento ai livelli impositivi europei. Però il vicedirettore di Repubblica definisce “un coacervo di contraddizioni il giro di vite sulle cosiddette rendite finanziarie”. Questo perché “si salvano generosamente i Bot, che pure di rendita ne generano eccome, e si colpiscono impietosamente tutte le altre forme di risparmio, non solo le plusvalenze su azioni e obbligazioni, ma anche gli interessi sui conti correnti e i depositi postali, i fondi di investimento e il risparmio gestito”.

IL COMMENTO DEL CORSERA

Dunque Renzi ha messo le mani in tasca agli italiani, dice pure il Corriere della Sera: “Dal primo luglio – ha chiosato sabato scorso in un commento firmato da Nicola Saldutti – è previsto l’aumento del prelievo, dai conti correnti alle plusvalenze (capital gain) al 26%, ai dividendi delle società. Il 6 per cento in più. Restano esenti, naturalmente i titoli di Stato, per i quali l’aliquota è invariata al 12,5%. È durata solo un paio d’anni, dunque, la stagione dell’imposta ridotta sui depositi bancari e postali, che prima pagavano il 27%. Come dire: non c’è tregua per il risparmio degli italiani”.

L’ACCANIMENTO SUL RISPARMIO

Il fisco quindi continua ad accanirsi sul risparmio. Saldutti sul Corriere della Sera ha elencato soltanto alcune delle imposte aggiunte di recente: “La Tobin tax, imposta nata per colpire la grande speculazione e che alla fine è dovuta anche dai piccoli risparmiatori (praticamente solo in Italia, però). Il bollo, una forma di patrimoniale mascherata, che in un primo tempo consisteva in un prelievo minimo per tutti di almeno 34,2 euro (esenti solo le giacenze fino a 5 mila euro). Da quest’anno l’aliquota è stata elevata dall’1,5 al 2 per mille: un prelievo che sarà proporzionale alla somma investita. E che scatta su tutti gli investimenti che hanno un rendiconto annuale, dai Btp ai fondi alle polizze unit linked alle gestioni patrimoniali”.

I PARADOSSI DELLE IMPOSTE 

Alcune di questa misure hanno conseguenze paradossali, secondo il Corriere della Sera: “La Tobin tax ha avuto come effetto quello che molti scambi invece di avvenire sulla Borsa italiana si sono trasferiti su altri mercati. Certamente il nuovo prelievo, nonostante le previsioni di gettito (stimato in 3 miliardi) avrà l’effetto di orientare le scelte di risparmio. E poi viene un dubbio: con un prelievo complessivo che in certi casi può arrivare al 35-40% è molto probabile che la media europea (spesso citata come parametro di riferimento) sia stata abbondantemente superata”.

Dunque Renzi è davvero, come sostiene Berlusconi, un tassator cortese?



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