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Sconto del 10% sulle bollette grazie allo “spalma incentivi”?

La bolletta energetica pagata dagli Italiani è elevata. Si sa. E la colpa è dei cosiddetti oneri di sistema. Anche questo si sa. O almeno l’abbiamo visto scritto tante di quelle volte che ha finito per diventare verità.

Visto che il premier Renzi ha promesso un taglio del 10%, per arrivarci si parla in queste settimane di un decreto “spalma incentivi” obbligatorio: una misura retroattiva sui benefici assegnati negli scorsi anni agli impianti fotovoltaici attraverso lo strumento del conto energia, mirata a ridurre gli oneri di sistema. Beninteso una disposizione che darebbe un vantaggio di qualche punto percentuale, non certo di dieci, e andrebbe dunque integrata da altre azioni.

L’idea è di ridurre l’incentivo annuo promesso per venti anni, in ragione dell’energia generata, ai produttori di energia fotovoltaici, aumentando gli anni di riconoscimento a ventisette. In questo modo calerebbe il peso annuo degli oneri di sistema (anche se si dovrebbero pagare per più anni) e si avrebbe uno sconto in bolletta che ci renderebbe più competitivi nelle intenzioni del Governo.

L’intenzione può anche essere lodevole, ma la domande da porsi è: che beneficio ci attende che giustifichi una misura retroattiva a un settore che negli ultimi mesi ha subito diversi provvedimenti avversi? E poi, possibile che questi oneri di sistema siano la causa di tutti i mali?

Intanto i lettori più accorti si saranno chiesti cosa faranno i produttori fotovoltaici colpiti dal provvedimento. Dando per scontato che la somma erogata complessivamente, opportunamente attualizzata, sia costante, i produttori interessati dovrebbero rivedere tutti i contratti in essere con le banche, i fornitori di servizi e, in molti casi, i proprietari dei terreni o dei tetti locati. Inoltre sarebbe da rivedere una parte delle autorizzazioni rilasciate agli impianti da parte delle amministrazioni coinvolte. Il tutto in contemporanea e moltiplicato per migliaia (o anche decine di migliaia a seconda della taglia colpita)1 di impianti. Ovvio che non sarebbe un’operazione né scontata, né indolore, e che i costi economici e sociali connessi non sarebbero trascurabili.

Ma il punto è un altro. Cosa spinge il Governo anche solo a pensare a una misura retroattiva, che va a ledere i diritti acquisiti dai produttori e che presumibilmente si tradurrebbe in contenziosi legali, oltreché in una perdita di credibilità del sistema Paese?

Non il beneficio economico in termini di riduzione dei costi per le famiglie. Con lo spalma incentivi per il fotovoltaico, facendo due conti veloci e applicandolo a tutti gli impianti realizzati, considerato che ripartire l’incentivo su 27 anni potrà portare un taglio dello stesso di circa il 15% annuo – ipotizzando un tasso di attualizzazione del 5% e non conteggiando i costi di rinegoziazione che i produttori dovranno sostenere –, gli oneri potranno scendere di circa 500-1.000 milioni di euro, a seconda che si consideri solo il secondo conto energia o tutti i conti energia erogati negli ultimi anni2. Ossia un 3-7% degli oneri di sistema, che all’utente domestico, ammesso che venga coinvolto nel beneficio, porteranno 1-2 €/MWh.

Nemmeno il beneficio economico in termini di riduzione dei costi per le imprese. Conti alla mano, in Italia la bolletta risulta più alta che in altri Paesi più che altro per le PMI, perché famiglie e grandi consumatori non sono messi così male. Dunque dovrebbero essere le PMI le principali destinatarie in positivo del provvedimento. Peccato che su 425.000 imprese manifatturiere3, quelle energivore, per le quali il costo dell’energia incide su almeno il 3% del fatturato, siano meno di 3.0004. Per più di 422.000 aziende il beneficio sarà dunque inferiore all’1 per mille  – 3% di incidenza massima per 1% di sconto massimo, ottenuto moltiplicando un 20% di incidenza degli oneri di sistema per il 3-7% prima calcolato –, un valore che difficilmente rende competitiva un’impresa.

Introdurre una misura retroattiva che causerebbe difficoltà a un numero di soggetti ipotizzabile fra le migliaia e le decine di migliaia e causerebbe un’ulteriore perdita di credibilità per il Legislatore a fronte di un simile beneficio appare francamente discutibile.

Ancora: ma il problema sono gli oneri di sistema? Può essere interessante dare un’occhiata alle voci di costo che compaiono nella bolletta degli utenti residenziali per farsi l’idea che forse non sono tali oneri la voce su cui concentrarsi per portare dei benefici agli utenti finali. La figura mostra l’andamento delle diverse componenti dal 2004 ad oggi. Al costo finale per l’utente ad aprile 2014 (190 €/MWh) contribuiscono (10 €/MWh corrispondono a 1 c€/kWh):

– il costo dell’energia (componente PE, 71 €/MWh);
– il costo del dispacciamento (14 €/MWh, che sommato a PE dà la componente PED, 86 €/MWh);
– la componente di commercializzazione (8 €/MWh);
– le tariffe di trasporto e distribuzione (30 €/MWh);
– gli oneri di sistema (41 €/MWh);
– le imposte (8 €/MWh);
– l’IVA (17 €/MWh).

prezzo elettricità domestico

Un primo elemento su cui porre attenzione è che la componente PE ha un valore superiore di 25 €/MWh rispetto al PUN, il prezzo unico nazionale di borsa dell’energia elettrica, un distacco imbarazzante. Il grafico allegato mostra tra l’altro come questa differenza (area gialla) esista a partire dal 2009, perché in precedenza PE e PUN tendevano, correttamente, a sovrapporsi. Vero è che 4-7 €/MWh sono dovuti al fatto che il profilo di consumo del residenziale è concentrato nella giornata, quando il prezzo dell’energia è leggermente più alto, ma anche togliendo questo contributo rimangono 18-21 €/MWh su cui converrebbe concentrare l’attenzione prima di pensare agli oneri di sistema, i quali in realtà degli effetti positivi li stanno portando. Del resto anche le altre componenti di prezzo presentano tutte valori che sarebbe interessante potere ridurre.

Se il mercato elettrico fosse gestito in modo efficiente, infatti, gli utenti potrebbero beneficiare da subito di una buona parte dei 23 €/MWh di riduzione del PUN che si sono avuti da dicembre 2013 ad oggi e che sono stati causati in buona parte proprio dalla crescente presenza delle rinnovabili nel nostro mix produttivo5. Un valore che, nemmeno a farlo apposta, corrisponde proprio al 10% di sconto in bolletta promesso da Renzi.

Quello elettrico è un sistema complesso, e ognuno può immaginare soluzioni differenti ai problemi esistenti, ma concentrarsi solo su una voce e su politiche ridistributive non appare saggio. Riuscire  a diminuire l’impatto degli oneri di sistema sarebbe ovviamente lodevole, ma si ritiene che abbia senso qualora si riesca ad ottenere senza misure retroattive. Meglio sarebbe a tale proposito un bond dedicato mirato a spalmarne il costo su più anni, che non avrebbe conseguenze sui produttori di energia rinnovabile, ma i costi aggiuntivi legati alla gestione dello stesso e alla remunerazione dei sottoscrittori suggeriscono comunque un’accorta analisi costi-benefici. L’ultimo quindicennio costellato di errori dovrebbe consigliare quantomeno un po’ di prudenza.

Il futuro dell’Italia, vista la sua dipendenza energetica dall’estero superiore all’80%, dovrebbe passare per una sempre maggiore diffusione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili. Soluzioni che, rispetto agli sconti in bolletta, hanno il vantaggio di movimentare la filiera dei servizi e dell’industria, di dare occupazione e di portare vantaggi ambientali e sociali (riduzione delle esternalità negative). Con tutti i soldi spesi sulle rinnovabili elettriche, e sul fotovoltaico in particolare, la cosa più sciocca da fare e non sostenerne oggi la crescita, per far sì che gli oneri di sistema siano effettivamente stati un investimento.

Note
1 Gli impianti sopra 1 MW di potenza al 31 marzo 2014 erano 1.132. Quelli fra 200 kW e 1 MW: 11.081. Quelli sotto i 200 kW: 538.102. Dati: GSE.
2 Gli impianti fotovoltaici in totale costano 6,7 miliardi di euro l’anno. Quelli incentivati dal 2° conto energia 3,3 miliardi di euro. Le altre fonti rinnovabili 5,0 miliardi di euro. Gli oneri generali in tutto 13,8 miliardi di euro. Dati GSE e AEEGSI.
3 Fonte: Istat, Rapporto sulla competitività dei settori produttivi, 2014.
4 Fonte: Cassa conguaglio settore elettrico, Elenco energivori, aprile 2014.
5 Secondo i dati del GME a marzo 2014 il 44% dell’energia elettrica è stata prodotta da fonti rinnovabili. L’anno scorso era stato il 36%.



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