L’Arabia Saudita studia di controllare e, in caso di necessità, di bloccare Youtube per proteggere “i valori morali del Paese”, secondo un comunicato della Commissione dei media audiovisivi. L’annuncio è arrivato dopo l’arresto di nove giovani che nelle ultime settimane hanno diffuso video-messaggi con denunce di corruzione e richieste per una migliore condizione di vita in Arabia Saudita.
I LIMITI DELLA COMUNICAZIONE
“L’elemento più importante di questa nuova normativa è che i canali di Youtube dovranno registrarsi in Arabia Saudita secondo i limiti e i valori che regolano le emittenti televisivi”, ha detto Riad Najem, presidente della Commissione dei media audiovisivi al quotidiano Asharq al Awsat. In mancanza di altri spazi i sauditi hanno sfruttato ultimamente Youtube per trasmettere notizie, critiche e satira politica.
LA RIVOLUZIONE CITTADINA
Non è la prima volta che Najem parla di piani per vigilare YouTube. Ma adesso le sue parole hanno un altro peso dopo i movimenti di protesta che stanno utilizzando la piattaforma per criticare il re saudita. Con l’hashtag “La rivoluzione delle carte di identità”, gli utenti si sono identificati con nome e cognome e – mostrando la carta di identità alla telecamera – hanno spiegato i propri motivi per protestare. Un fenomeno atipico in Arabia saudita dove sono vietate le manifestazioni contro il regime.
MESSAGGIO AL RE ABDULLAH
“Sono un cittadino saudita. Guadagno 1.900 riali (380 euro al mese). Per dio, Abdullah, è sufficiente per pagare una dote, un auto o un affitto? Siamo stufi. E ancora date la colpa a chi mette le bombe. Non vogliamo dovere mendicare. Dateci quello che ci aspetta dal petrolio che godete voi e i vostri figli”, ha detto un uomo identificato come Abdelaziz al Dusari in un video di 30 secondi su Youtube. Questo video, con il titolo “Messaggio al Re Abdullah”, ha avuto due milioni di visualizzazione in pochi giorni.
CREDERE A YOUTUBE
La popolarità di Youtube in Arabia Saudita non è una novità. Secondo Google, è il Paese che più fa uso della piattaforma. Il motivo? L’interpretazione dell’Islam proibisce cinema e concerti, per cui i sauditi si collegano a Youtube tre volte in più che gli americani. Alcuni canali hanno fino 15 milioni di iscritti.