Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.
Esiste una fenomenologia delle start-up, intesa come serie storiche che da decenni danno colore al mondo del business. Ed esiste anche una mitologia delle start-up, fatta soprattutto dei luoghi «sacri» dove i grandi imprenditori degli ultimi decenni hanno iniziato la loro marcia di attraversamento del deserto e di corsa verso la leadership mondiale. Tra i luoghi più mitologici delle start-up ci sono sicuramente il garage californiano, dove venne fondata la Apple di Steve Jobs e dove per qualche tempo la start-up operò effettivamente, e la stanza del motel di Albuquerque nel New Mexico, dove Bill Gates co-fondò la Microsoft e dove lui, Paul Allen e un paio di junior lavorarono alla nascita di una delle imprese di maggior successo della storia del capitalismo.
DOVE NASCONO LE IMPRESE
In questi luoghi impensabili, forse perfino impossibili, sono nate e nascono alcune delle imprese che di più hanno contribuito al miglioramento della qualità della nostra vita e all’avanzamento del capitalismo. Luoghi, appunto, impensabili per la burocrazia da quinto mondo dell’Italia che ora, fortunatamente, il premier Matteo Renzi vuole combattere con «violenza» per ricondurla nell’Eurozona.
IL NUOVO SUDOKU DEI POLITICI
Le start-up, infatti, sono diventate il nuovo sudoku dei politici del Bel paese. Sono il fenomeno del momento in un paese con una disoccupazione giovanile intorno al 44%, dato che certifica senza alcun commento la necessità di rottamazione della classe politica che ha avuto qualsiasi funzione di governo negli ultimi tre decenni. La speranza dei politici è che le start-up possano creare tanta buona e nuova occupazione giovanile.
TRA IL DIRE E IL FARE LA BUROCRAZIA
Peccato che tra il dire e il fare ci sia di mezzo la burocrazia. Vanno letti i vari bandi per le start-up innovative (solo in Italia il legislatore ha dovuto specificare che una start-up debba essere innovativa a riprova del labirinto giuridico-amministrativo nel quale si è caduti). C’è quello del Mise e di Invitalia che chiede una descrizione dell’ufficio o della sede operativa (e se stesse in un garage o in una stanza di motel?), quelli regionali che richiedono esperienza comprovabile da parte dei soci per guadagnare punteggi e accedere ai finanziamenti (e quale esperienza avevano i due dropout Jobs e Gates all’inizio?) o quelli che richiedono il Durc come requisito minimo di accesso, senza neppure porsi il problema che la fenomenologia del lavoro all’inizio dell’avventura è fondata sull’atipicità dei contratti e sulla flessibilità estrema. Il governo Monti ha operato un’innovazione positiva stimolando la cultura pro start-up ma, affidandone la gestione all’attuale p.a., ha creato un originale girone infernale della burocrazia. La morale è sempre la stessa: con l’attuale cultura della burocrazia il Pil italiano non riprenderà mai a correre.