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Vi spiego perché alle Europee ci sarà uno tsunami di arrabbiati

La grave crisi economico finanziaria e politico sociale dell’Italia sta facendo saltare il fragile equilibrio su cui si è retta sin qui la realtà italiana.

Finite le grandi culture del dopoguerra che avevano saputo saldare gli interessi della classe media con quelli delle classi popolari, merito storico più alto della Democrazia Cristiana, del PCI, PSI, e dei partiti di ispirazione laico-liberale e dello stesso MSI almirantiano, ci ritroviamo in  una situazione di totale anomia, forte disorientamento e diffusa frustrazione individuale e collettiva.

Alle tre classi oggetto di precedenti analisi: la prima, quella costituita da una “cupola di privilegiati” (grosso modo, in base ai parametri di calcolo adottati, circa 500 mila – 1.000.000 di persone), che occupano posti elevati in organismi pubblici centrali o territoriali di natura politica, giudiziaria, amministrativa, posti super-retribuiti e per di più sicuri e garantiti. E’ quella stessa cupola che nel corso degli ultimi decenni ha realizzato sperperi e folli deficit;

la seconda, quella dei cosiddetti “diversamente garantiti” è costituita dal gran numero dei dipendenti pubblici di livello medio-basso, i quali sono pagati poco, costretti spesso, contro la loro volontà, a non essere produttivi, il cui privilegio (non trascurabile) è quello della sicurezza del posto, unita spesso alla gratificazione di poter esercitare un qualche potere sui cittadini privati. Ad essi vanno pure aggiunti  i pensionati sia del settore pubblico che privato;

la terza è costituita da quei tanti cittadini che producono effettivamente ricchezza (piccoli e medi industriali, artigiani, commercianti, professionisti, chi svolge un’attività autonoma in genere e i milioni di individui che lavorano alle loro dipendenze), bisogna aggiungerne una quarta:

“il moderno quarto stato”, rappresentato dal vasto settore dei precari (3,3 milioni), disoccupati (3,290 milioni), esodati (260.000), cassaintegrati ( alla fine del 2013 oltre 1.100.000 domande presentate ) .

Il terzo stato, l’unico producente effettiva ricchezza, dalla quale deriva il differente sostentamento di tutte le altre classi, sta vivendo una crisi senza speranza; una crisi che sta producendo calo del PIL, chiusure continue di attività produttive, licenziamenti, delocalizzazioni ed episodi sempre più diffusi di drammatici suicidi di piccoli e medi imprenditori.

Quando questo terzo stato non fosse più in condizione di far fronte ai propri e dovuti adempimenti fiscali (IVA.IRPEF, oltre alla miriade di tasse e imposte generali e locali che, complessivamente hanno largamente superato il 50 % dei redditi prodotti), basterebbe un calo delle entrate nelle casse dello Stato in uno dei trimestri di scadenza dell’IVA, per far saltare il sistema.

Si corre, infine, il rischio di una saldatura oggettiva di interessi tra il terzo e il quarto stato con la formazione di una miscela esplosiva  alla quale c’è solo un modo per evitare la rivolta sociale:

a)     cambiare la rotta della politica economica, che è stata sottratta all’autonoma competenza dello Stato da illegittimi e nulli regolamenti comunitari, con la riduzione della pressione fiscale e il taglio drastico della spesa pubblica e la messa in vendita del patrimonio pubblico disponibile;

b)     ricostruire la politica complessiva economica, finanziaria e monetaria dell’Europa a partire dall’attribuzione alla BCE del compito di prestatore di ultima istanza e stampatore di moneta, lo voglia oppure no frau Merkel, pena la fine assai più traumatica della stessa Unione Europea.

Sul piano istituzionale italiano, invece, e subito dopo le elezioni europee di Maggio servirebbe senza indugio convocare gli stati generali che, nell’attuale ordinamento repubblicano, significa indire  una nuova assemblea costituente, o eleggere un nuovo parlamento con funzione costituente.

Svanite le speranze che componenti rilevanti dei ceti produttivi, specie nel Nord, avevano riposto nella Lega agli inizi degli anni’80, e delusi dal fallimento del “ miracolo berlusconiano” dell’ultimo ventennio, terzo e quarto stato, con porzioni significative dei “ diversamente garantiti” si sono sin qui rifugiati nell’astensionismo elettorale e nel voto di protesta grillino.

Tentare di esorcizzare il Movimento Cinque Stelle con gli assurdi e improvvidi riferimenti al nazi fascismo (vedi Berlusconi e Vendola) assomiglia molto a quell’anticomunismo alla “Candido”, secondo cui  i comunisti “mangiavano i bambini”.

Il 25 Maggio assisteremo allo tsunami della politica italiana e ciò che si determinerà al posto dell’unità dei moderati, ancora una volta incapaci di sintesi, sarà la saldatura degli arrabbiati dalle cui attese e bisogni si dovrà necessariamente ripartire con il rilancio di una rinnovata speranza di matrice popolare.

Ettore Bonalberti

www.lademocraziacristiana.it

www.insiemeweb.net

www.don-chisciotte.net

 

 



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