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La crisi del grillismo

Al centro dello sconvolgimento della geografia politica italiana dopo il voto europeo e amministrativo, c’è il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, che pensavano di avere già in mano il primo posto nella graduatoria delle preferenze degli elettori. Il Grillo urlante e minaccioso delle piazze decisamente più zeppe di quelle organizzate dalla macchina propagandistica del Pd, s’è afflosciata dopo avere messo paura a mezzo mondo (o almeno agli europeisti degli ultimi decenni).

Il comico genovese aveva più volte assunto un preciso impegno: nel caso in cui il suo movimento-setta non si fosse collocato al primo posto, lui si sarebbe ritirato dalla politica. Ora che ha preso la metà dei voti di Renzi, dimentica le dimissioni e si accontenta di assumere un antidoto al mal di stomaco, consigliandolo anche al socio Casaleggio, forse riluttante.
Gli italiani sono stati più saggi degli antiparlamentaristi autoritari, anche se però non li hanno sbaragliati, come meritavano. Nelle amministrative, poi, il M5Stelle la rivelato tutta la sua discarica impropositiva, perdendo i pochi comuni che controllava e, salvo casi limitati, pur essendo secondo sul piano nazionale, non riuscendo a entrare nei ballottaggi. Ciò significa che, in cifre percentuali e in cifre assolute, Grillo e C. sono fortemente arretrati rispetto ad un anno fa; e sono riusciti a collocarsi al secondo posto perdendo voti a favore del Pd e guadagnandone da altre provenienze.

È stato calcolato, da un istituto demoscopico non disinvolto come quello accreditato in Rai, che c’è stato un travaso di quasi tre milioni di voti dal M5Stelle al Pd; il quale ha inoltre beneficiato di un altro milione di suffragi provenienti da Scelta Civica di montiana memoria. Ma il movimento grillino ha ceduto quasi 100 mila voti alla Lega Nord, tra i 50 e i 100 mila a Tsipras, fra i 10 e 20 mila a partiti piccolissimi, anche di centro destra. La perdita secca della setta grillina – e questo è il dato più significativo e promettente (per le altre formazioni, democratiche ed europeiste) – è, tuttavia, dovuta principalmente a un milione e mezzo–due milioni di elettori del febbraio 2013 che, questa volta, si sono astenuti.

Se pensiamo che già nelle settimane scorse il fermento interno al M5S si era alzato di tono; che specie al senato va montando una forte rabbia contro il settarismo-autoritario verso il due Grillo-Casaleggio; e che i soliti manovratori di sinistra (per i quali chi si sposta verso destra è un venduto, mentre chi preferisce farsi assorbire nel vecchio partitone rosso è un salvatore della patria), sin dalla notte fra il 25 e il 26 maggio sono in azione per assicurarsi l’adesione (tattica o convinta?) di numerosi parlamentari grillini, si comprende come la pillola ristoratrice assunta da Grillo costituisca un insulto all’elettorato tradizionale che ha studiato su twitter come si fa politica. Per quanto concerne i dioscuri del movimento, francamente essi sembrano aver preso esempio dal peggiore doroteismo e dai quei socialdemocratici in permanente crisi di orientamento che scambiavano una sconfitta in una vittoria soddisfacente: e tiravano a campare. Altro che rivoluzionari.



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