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Ecco come Renzi può sconfiggere i professionisti delle insidie

Un 40,8% che farà la storia. Dalle recenti elezioni un grande stimolo per il Premier, oramai in fuga dalla solita melina della politica. E’ da solo al comando a godersi il successo, che è tutto suo, come quello di Fausto Coppi nella tappa Cuneo-Pinerolo del 1949.

Il problema è capire se avrà le gambe per arrivare sul podio. Quel podio ove verrà consacrata la vittoria del Paese, con i suoi tanti giovani offesi sino ad oggi dalla disoccupazione. Proprio per questo motivo dovrà mettercela tutta per non fallire. Per ridare fiducia a chi l’ha persa ma che ha tanta voglia di riconquistarla.

Le condizioni sembrano esserci tutte, sia sul piano domestico che su quello comunitario, ove Matteo Renzi reciterà per un semestre il ruolo che più conta. Dal primo approccio a Bruxelles, il terminator nostrano ha dato prova di saperci fare. L’Europa delle persone rappresenta un grande progetto!

Le insidie sono tante, spesso espressione del cinismo fine a se stesso. Altre volte a sostegno dei poteri che, a fatica, sono disposti a rinunciare ai privilegi di cui i rottamati e loro complici hanno goduto per decenni. Sul punto Renzi ha imparato ad essere più grillino dell’originale. Da qui la sua acclamazione con una percentuale mai raggiunta da alcuno.

Vediamo di analizzare gli specialisti dell’insidia.

Prima di tutto, la politica “amica”. Dovrà essere capace di non disturbare il manovratore, sino ad oggi reso velatamente destinatario di attentati perpetrati dai tanti reduci interni.

Quanto alla politica tradizionalmente avversaria è difficile pesarla. Quella storica sembra, infatti, che abbia le idee in libera uscita, con gli eserciti in cerca dei nuovi riferimenti, più o meno padronali, alla cui carica peraltro sembrano proporsi in pochi e malconci.

Anche Grillo è a secco di corde vocali e alla ricerca di omeoprazolo per un lungo ciclo di cura.

Per intanto, il Paese ha detto che vuole ripartire. Pretende l’esigibilità dei diritti di cittadinanza, il lavoro e la ripresa. Esso è un tutt’uno, non si divide e si unisce nelle rivendicazioni di lavoratori ed imprese. Entrambi coalizzati per sfruttare al massimo la presidenza di turno italiana dell’UE, con la quasi certezza che Matteo Renzi sappia rappresentare e tutelare – da quarantenne tra quarantenni – gli interessi interni anche sul versante comunitario. Saprà rendersi a tal uopo alleata la Merkel, senza la quale non è facile fare ciò che, comunque, si deve.

Sul progetto del Governo il Premier è stato molto chiaro. Così come lo è stato nel disegnare il ruolo che dovranno svolgere le regioni del sud, da sempre ai margini e relegate ad esercitare il ruolo di bacini clientelari.

Il Mezzogiorno dovrà assumere il protagonismo produttivo che merita. Ciò vuole dire recitare quella parte che non ha mai saputo interpretare nella storia che lo riguarda. Dovrà quindi mettere da parte i vecchi metodi – imposti dai padrini nei partiti e dai padroni nelle istituzioni – per recuperare il corretto ruolo, seppure inizialmente vigilato, delle scelte di progresso.

La cabina di regia per la Calabria è un ottimo esempio in tal senso. Una occasione giusta. La testimonianza di quanto il Meridione sia nel cuore di Matteo Renzi. Esso rappresenterà una scuola per governatori e per sindaci, ove impareranno a divenire tali, risolvendo in diretta i problemi che hanno finora impedito la buona amministrazione. Ove non sarà consentito fare delle occasioni di spesa dei fondi comunitari una occasione mancata per decenni. Ove si imparerà a comprendere che i sacrifici del Paese intero, che attribuisce all’UE decine di miliardi all’anno,vanno ripagati attraverso un Ente-Regione che cominci a camminare con le sue gambe e che impari a stare in piedi usufruendo della propria muscolatura. Ove si imparerà, ancora, a dire basta all’emigrazione che costituisce una sua prerogativa dall’inizio del secolo scorso. Ove si imparerà finalmente a parlare comunitario e a confrontarsi con un mercato che vada ben oltre, atteso che il Sud del Paese potrebbe rappresentare il cancello di accesso attraverso il quale l’UE debba dialogare e negoziare favorevolmente con il Mediterraneo.

Al riguardo, gli impegni di Matteo Renzi sono stati chiari. Si è candidato al ruolo di stopper contro l’inutilità e di mediano metodista per l’esercizio delle politiche del fare. Un appuntamento che nessun Capo del Governo ha riservato ai problemi e alla ricerca delle soluzioni del Mezzogiorno.

Renzi conosce benissimo il Paese. In quanto tale, conosce il costo sociale dei diritti inevasi e dei costi parassitari. Occorre rimuovere questi e, con essi, offrire occasioni di progresso attraverso la compensazione dei divari strutturali e culturali che hanno fatto, per esempio, delle scuole, della sanità, del sociale i servizi dei quali vergognarci.

Da qui, la sintesi che un investimento sensato fatto nelle regioni meridionali è meglio di quello stesso investimento fatto in Lombardia. Ciò in quanto ripristina i diritti usufruibili, fa da attrattore ad investimenti privati e determina reddito sociale spendibile. In una, incrementa il Pil territoriale.

Il Sud del Paese è il fenomeno lasciato in sonno, capace di dimostrarsi tale diventando vettore della crescita.

Al riguardo, occorrerebbe andare oltre. Necessiterebbe individuare un “Mezzogiorno comunitario”, tale da fargli assumere una contrattualità specifica, sì da farlo divenire soggetto programmatore e quindi diretto beneficiario dei fondi europei, senza la mediazione dei rispettivi Stati membri. Un modo per evitare concorrenze suicide (del tipo quella che si è realizzata sui prodotti agricoli che rappresentavano la peculiarità economica di alcune zone dei diversi Paesi) e per realizzare filiere produttive di nuova species.

Ettore Jorio (Fondazione trasPArenza)

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