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Bravo Renzi, ma ricostruiamo l’Italia dai banchi di scuola

Intervento pubblicato da L’Arena di Verona, Giornale di Vicenza e Brescia Oggi.

In molti hanno criticato Matteo Renzi per una scelta che andrebbe, invece, apprezzata: il suo giro d’Italia passando di scuola in scuola, e sempre trovando scolari che gli “danno il cinque” dopo avergli cantato l’inno nazionale per accoglierlo.

QUEL CHE CONTA E’ IL SEGNALE

Al di là del compiacimento che il giovane presidente del Consiglio non si cura neanche di nascondere ma, al contrario, volentieri esibisce, quel che conta è il segnale. Per ripartire ed essere degna delle sue grandi ambizioni, l’Italia deve ricostruirsi dalle radici, cioè dai banchi dell’istruzione e formazione dei suoi cittadini di generazione in generazione. La scuola è spesso la prima famiglia, anche se spesso la famiglia non lo sa: e da questa mancanza di consapevolezza tra genitori, figli-allievi e insegnanti-maestri nascono molti dei problemi dai risvolti sociali. Se la comunità non capisce che la scuola è la sua culla, faticherà anche ad aiutare i percorsi di crescita dei suoi studenti diventati, vent’anni dopo tra asilo e Università, cittadini.

LE SCUOLE CADONO A PEZZI

Ma a Renzi pochi hanno finora rimproverato quel che invece dovrebbero mettergli sotto il naso ogni volta che va in compiaciuta visita scolastica, e che il Censis ha fotografato: quella scuola d’Italia che è fucina di conoscenza e maestra di vita, cade a pezzi. Dei 41 mila edifici adibiti allo studio quotidiano negli anni migliori della nostra vita, ben 24 mila presentano impianti che non funzionano a dovere o secondo le norme.

24 MILA BUCHI

Non 24 mila baci, come diceva la canzone, ma 24 mila buchi. La modernità abita soltanto in un quarto delle strutture: quelle costruite dal 1980. Questo stato disastroso rischia non soltanto d’avere effetti sulla sicurezza e sulla salute di chi frequenta la scuola, cioè dell’intero popolo italiano a turno e in età diverse. Un’aula fredda in inverno, una lavagna su un muro che andrebbe ripitturato di corsa, un gabinetto in cui fa senso entrare, un armadio arrugginito influiscono sull’umore, sull’approccio, sull’idea stessa di uno Stato -del tuo Stato!- di chi impara e di chi insegna.

UNA SCUOLA SENZA CREPE

Accettare il disfacimento del luogo che ti farà da casa per vent’anni, disfacimento che mai nessuno accetterebbe dentro i muri di casa propria, significa vanificare il “buon messaggio” che Renzi s’affanna a voler dare. Ma l’uomo è anche presidente del Consiglio, ossia la persona che può e deve sollecitare i ministeri e le autorità preposte a investire e ricostruire il luogo del sapere e dell’amicizia che appartiene a noi tutti. Una scuola senza crepe, per rimettere l’Italia in forma e i suoi cittadini in cammino.

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