Tasse, solo tasse. La Tasi è la stessa cosa dell’Imu, tanto è vero che una si paga sulle prime case e l’altra sulle seconde. La questione fiscale dovrà essere la battaglia principe per il centrodestra da ricostruire.
Questi giorni di pagamento di tasse e imposte rendono evidente a tutti quanto i cittadini italiani siano considerati, dalla classe politica complessivamente intesa, solo dei sudditi. Anche un po’ stupidi. Non è solo l’incredibile sommarsi, nel mese di giugno, di tanti balzelli. Non è nemmeno la notizia, riportata con grande risalto dal Corriere, delle 629 norme fiscali approvate negli ultimi sei anni, alla faccia delle tanto sbandierate semplificazioni. E’ piuttosto la spudoratezza con cui procedono i nostri governanti. Caso principe quello dell’Imu sulla prima casa. Che formalmente è stata abolita ma che invece è rimasta. Solo che ha cambiato nome, ora si chiama Tasi. Se si guarda bene anche la cifra che si paga e’ grosso modo la stessa. Perché è vero che le aliquote sono più basse ma non essendoci le detrazioni il conto alla fine va in pareggio. Così sulla prima casa si paga la Tasi che invece non si paga sulla seconda dove si paga l’Imu, ad ulteriore dimostrazione che si tratta della stessa tassa, anche se l’oggetto, a parole, e’ diverso. E’ la stessa cosa che i nostri governanti fecero con l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti. Furono costretti a levarlo, dopo il referendum, ma lo reintrodussero attraverso i rimborsi elettorali. In quel caso il conto finale non era nemmeno lo stesso perché i rimborsi alla fine erano diventati dieci volte quello che era il finanziamento pubblico. Ora se non si fa presto a cambiare avverrà la stessa cosa con la Tasi che piano piano verrà estesa anche alle seconde case. La verità e’ una sola. Non si riesce a fermare la spesa pubblica che infatti aumenta anno dopo anno nonostante tutte le migliori, ammesso che ci siano, intenzioni. Anche in questi ultimi anni, che avrebbero dovuto essere caratterizzati dall’austerity, la spesa pubblica e’ aumentata, in Italia, di circa il 6 per cento. Di conseguenza aumentano anche le tasse, magari quelle meno evidenti, ma aumentano. Forse bisognerà prendere il coraggio a due mani e provare ad invertire i termini della questione. Invece di tagliare la spesa pubblica e poi ridurre le tasse, bisogna provare a tagliare le tasse per costringere lo Stato a stringere la cinghia. Insomma “affamare la bestia”, come diceva David Stockman, responsabile del Bilancio sotto Reagan. In presenza di minori entrate uno Stato può fare tre cose: cercare di aumentare la produttività, perché in quel caso il minor livello delle tasse sarebbe compensato da una base imponibile maggiore, tagliare i servizi, fare più debito. Le prime due vanno bene, la terza no ma da quella dovremmo essere protetti dai vincoli europei. E’ una ricetta semplice che dovrebbe essere il cavallo di battaglia di un rinnovato centrodestra. Ma c’è la volontà politica? E soprattutto ci sono gli uomini? In 20 anni di berlusconismo abbiamo predicato il liberismo ed attuato se non proprio il socialismo, qualcosa di molto simile dal punto di vista economico.
Forse, a ben guardare, la nostra classe politica sbaglia a considerare gli elettori dei sudditi un po’ stupidi.