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Il nostro asso nella manica per riformare la P.A.

Siamo al varo dell’ennesima riforma sulla Pubblica Amministrazione. Anzi, all’ennesima buona riforma, perché norme efficaci, nel tempo, sono già state varate, per poi rimanere, nei fatti, inapplicate oltre che confuse da una incontinenza normativa che ha solo appesantito e complicato il quadro di riferimento per gli utenti e per gli stessi dipendenti pubblici.

Il punto, dunque, non è se la riforma Renzi/Madia della P.A. sia una buona riforma, perché, nella sostanza, lo è, almeno per quanto desumibile dai titoli. Il punto è un altro: come conta il Governo di riuscire? Quale è il suo asso nella manica? Laddove hanno fallito ministri quali Massimo Severo Giannini, perché dovrebbero riuscire Renzi e Madia?

In attesa di conoscere non la riforma, ma il segreto che la renderà applicabile, vi raccontiamo il nostro.

L’affermazione può sembrare presuntuosa, ma scaturisce da un attento studio di anni sulla P.A. e che ha portato ad una conclusione: se né le riforme né i controlli e le sanzioni sono riusciti nell’intento di cambiare la macchina pubblica, allora vuol dire è sbagliato l’approccio. Occorre trovarne un altro. Quello che proponiamo noi è rendere il cambiamento conveniente.

Di fronte ad una P.A. capace di svuotare qualsiasi norma che la riguardi, non tanto disattendendola quanto applicandola solo nella forma, e non nella sostanza, occorre renderne l’applicazione un vantaggio per la P.A. stessa.

Gli esempi possono essere innumerevoli: ad esempio, pressoché tutte le Asl adempiono all’obbligo normativo di pubblicare i bilanci, ma un conto è pubblicare un bilancio aggiornato, come fa la Asl Torino 1, e un conto è pubblicare quello del 2008, come invece fa la Asl Torino 2. Non la Asl di Catania: quella di Torino 2. Eppure, la norma è la stessa per entrambe le Asl. L’errore nasce qui: sia Torino 1 che Torino 2  ricevono comunque lo stesso trattamento economico dallo Stato, cosi che non si capisce perché la Asl Torino 2 dovrebbe migliorare la propria trasparenza con i cittadini  e la Asl Torino 1, al contrario, perseverare nella trasparenza effettiva.

Rendere conveniente il cambiamento, invece, vuol dire – già oggi, senza aspettare alcuna riforma – premiare la Torino 1 e penalizzare Torino 2, ad esempio allocando più risorse pubbliche sulla prima e meno sulla seconda. Le norme che lo consentono, se si vuole, ci sono già.

Si tratta di una scelta politica che richiede coraggio. Molto di più che non quello di varare l’ennesima riforma. Qui, infatti, si tratta di scontentare molti: non il singolo dirigente, ma un’intera struttura che a quel dirigente risponde. Si tratta, però, al contempo di valorizzare un’altra struttura: quella che ha lavorato bene e prodotto risultati.

Va detto, tuttavia, che il coraggio politico rischia di non bastare: serve uno strumento concreto per stabilire quali Amministrazioni fanno bene e quali no. Non è impresa da poco, dato che lo Stato ancora oggi non conosce se stesso, non sapendo quali sono le performance delle rispettive Amministrazioni, ad ogni livello e grado.

Lo strumento non può essere un commissario ad hoc per ogni Governo – per quanto bene possa fare – ma una valutazione approfondita, costante e dettagliata, delle P.A., che deve diventare un patrimonio conoscitivo e valutativo dello Stato stesso. Il nostro asso nella manica – aspettando quello Renzi/madia è il rating pubblico, mutuato dall’ambito privato.

In Borsa, infatti, esistono già rating che non sono solo quantitativi, ma anche qualitativi: essi traducono in numeri la valutazione di una performance complessiva, che tiene conto di governance, gestione del personale, rapporto con i cittadini e con le imprese fornitrici.

Con questo strumento, traslato dall’esempio privato al caso pubblico, la Asl Torino 2 avrebbe un Rating decisamente più basso rispetto alla Asl Torino 1, e non su un aspetto secondario – la trasparenza – bensì su uno che rende evidente un malfunzionamento complessivo della singola P.A.. È in questo modo che gli Indici di sostenibilità hanno potuto prevedere in anticipo il default di Lehman Brothers, nel 2008, ed è cosi che, parimenti, avremmo potuto prevedere quello della Regione Piemonte o della Asl di Massa Carrara.

Serve solo che chi ha il potere di decidere abbia il coraggio di iniziare.

 


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