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Che cosa si è detto al Forum Italia-Libano

La situazione politica ed economica libanese, il conflitto siriano e le sue conseguenze sociali, culturali, economiche e demografiche sul Libano. Sono stati questi i temi toccati durante il Media Forum Italia – Libano che si è tenuto oggi presso la Sala delle conferenze internazionali della Farnesina.

IL FORUM

L’incontro è iniziato con l’intervento del segretario generale del ministero degli Esteri, Michele Valensise, e del vice ministro Lapo Pistelli, a cui hanno preso parte numerosi giornalisti, analisti ed esperti dei due Paesi. Il forum è terminato con la proiezione del documentario ‘Terre d’Islam’ di Alberto Negri e Italo Spinelli.

LA CRISI SIRIANA

“L’Italia e il Libano sono partner non solo dal punto di vista economico”, ha detto Pistelli, che ha insistito a lungo sulla volontà da parte dell’Italia di condividere con il Libano il peso della crisi siriana e le sue drammatiche conseguenze. Il vice ministro degli Esteri ha affermato che la sicurezza del popolo costituisce un pilastro fondamentale per la ricostruzione di un Libano stabile e moderno e che, per questo, l’Italia si impegna a sostenere le Forze Armate libanesi al fine di garantire la stabilità necessaria ad una vita democratica.

L’IDENTITA’ NAZIONALE

Oggi in Libano esistono realtà molto differenti ma emerge la necessità di trovare un’identità nazionale comune. “Il Libano potrebbe diventare un interessante laboratorio politico – ha affermato Umberto De Giovannangeli, giornalista e firma del quotidiano l’Unità – ma finora l’Occidente si è limitato a seguire una politica del ‘male minore’ che ha comportato un’eccessiva tolleranza nei confronti di regimi poco democratici che, se da un lato arginano la deriva fondamentalista, dall’altro consentono l’esistenza di governi corrotti”. Ha aggiunto De Giovannangeli: “La tragedia umanitaria siriana non è solo una questione di numeri. Vi è il forte rischio che il Libano torni ad essere il campo di battaglia di una guerra combattuta da terzi” e per questo è necessario trovare al più presto una soluzione politica che escluda il ricorso alla forza come soluzione estrema. Poi, sul concetto di identità nazionale, si sono a lungo soffermate Scarlett Haddad, analista e corrispondente del quotidiano L’Express, e Marlene Khalife, giornalista di As Safir, la quale ha dichiarato: “Vogliamo uno Stato forte e unito. Il popolo libanese deve avere una nazione, oltre che un nemico, che lo accomuni”.

I PROFUGHI SIRIANI

Sono numeri importanti quelli che emergono da una recente stima effettuata dalle Nazioni Unite: si tratterebbe di circa 1 milione e mezzo di cittadini siriani, il 70% dei quali donne e bambini. Quella che è stata dipinta dagli esperti è un’emergenza demografica, ancor prima che economica: “Alcune piccole città libanesi hanno visto raddoppiare la propria popolazione – ha detto Alberto Stabile, giornalista e inviato di esteri del quotidiano La Repubblica – le scuole, le strade, gli ospedali non sono in grado di sostenere questi numeri”. Inoltre, c’è il problema della disoccupazione che con l’arrivo dei profughi è notevolmente aumentata e così la lotta per spartirsi i pochi posti di lavoro disponibili sta inasprendo ulteriormente i delicati rapporti tra cittadini libanesi e siriani. C’è, infine, il pericolo che le condizioni disperate in cui versano i profughi possa giocare a favore del terrorismo islamico: secondo Sami Nader, economista ed esperto di strategia, “l’equilibrio demografico in Libano è sbilanciato”, circa il 50% della popolazione libica è attualmente costituita da profughi siriani, persone che vivono in tendopoli, con nessuna prospettiva per il futuro e, quindi, possibili nuove reclute di organizzazioni terroristiche.

LE SOLUZIONI

L’ultima parte della conferenza si è concentrata sulle possibili soluzioni al conflitto siriano e le prospettive di stabilizzazione del Libano. Secondo gli esperti, quello che attende il Libano è un futuro quantomeno incerto in quanto legato a doppio filo alla sorte dei paesi confinanti “Non possiamo stabilizzare il Libano se prima non stabilizziamo la Siria”, ha commentato Franco Venturini, editorialista del Corriere della Sera, riferendosi alle grandi crisi mediorientali che stanno minacciando il Libano. Comunque, l’Occidente può far molto per il Libano: 1 milione e mezzo di rifugiati non vanno semplicemente aiutati economicamente ma, secondo Venturini, “è necessario razionalizzare la macchina degli aiuti e rafforzare la forza militare libanese”. In ultima analisi, secondo Alberto Negri de Il Sole 24 Ore, l’intervento militare, a questo punto, risulta essere la decisione peggiore in quanto rischierebbe di dare il colpo finale ad un Paese – la Siria – che si ritroverebbe distrutta dai bombardamenti. Così, i profughi si ritroverebbero senza una patria a cui poter far ritorno, potendo solamente restare in territorio libanese.

Il RUOLO DI HEZBOLLAH

Nel corso del forum si è parlato anche di Hezbollah, il partito sciita che controlla la parte sud del Libano e che per molti rappresenta un vero e proprio movimento di resistenza oltre che una forza stabilizzatrice dell’area. Nonostante le diverse interpretazioni, gli esperti hanno tutti concordato sul fatto che Hezbollah sia un fenomeno complesso e difficile da inquadrare poiché fortemente radicato nella cultura, nella società e nell’economia libanese.
Infatti, il forte contributo di Hezbollah all’esercito libanese e la rappresentanza in Parlamento, da un lato fanno sperare che – come nel caso di Hamas – si possa arginare e controllare il fondamentalismo islamico, dall’altro preoccupano non poco la comunità internazionale che si divide tra sostenitori – poco convinti – del partito sciita e decisi detrattori.

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