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Il renzismo del berlusconiano Ennio Doris

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori pubblichiamo il commento di Sergio Luciano apparsa su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi.

«La storia è caduta addosso a Renzi», dice Ennio Doris, fondatore e presidente di Banca Mediolanum, in un’intervista pubblica a Parma con Giorgio Mulè di Panorama. Un elogio, un incoraggiamento per il presidente del consiglio che, provenendo dall’unico vero socio che Silvio Berlusconi abbia mai avuto, sembra aver maggior valore. Ma anche un’osservazione acutissima, che tanti soloni della politologia non erano ancora riusciti a fare. La forza di Renzi, vuol dire in sostanza Doris con quella formula, risiede nella circostanza che, di fatto anche se non di diritto, si ritrova a essere il primo presidente del consiglio italiano a disporre di un’«arma totale» invano auspicata da Berlusconi ma prima di lui anche da D’Alema e dallo stesso Prodi: la possibilità, dimettendosi, di imporre il voto anticipato. Per mancanza di alternative. Il premierato all’inglese, in cui il numero uno (come può fare in Italia solo il sindaco) quando viene messo all’angolo può rivalersi su chi lo ha mollato facendo venir giù tutto.

MASI, MERLINO E PIROSO SFOGLIANO IL LIBRO DI ENNIO DORIS. FOTO DI PIZZI

E questo, a sentir Doris, è un bene per il paese. Perché – è chiaro il pensiero – permette maggior governabilità. Naturalmente ciò avviene grazie alla «larga intesa» con Berlusconi, che l’ha voluta non per calcolo elettorale ma – dice il suo amico banchiere -per fare l’interesse del paese. Opinione legittima. Sta di fatto che il sostegno esterno di Forza Italia alla maggioranza sta creando anch’esso per la prima volta nella nostra storia un’immagine di compattezza politica inedita per il nostro paese nel mondo. «Il motto degli stati stranieri», spiega il banchiere self-made-man, «quando si muovono nelle relazioni internazionali, è: ‘Wrong or right, it’s my country”. L’Italia si presentava all’estero sempre come un guazzabuglio di forze divise al proprio interno. Ora non più. Per questo io penso che larghe intese dovrebbero essere sempre confermate come formula di governo almeno sullo scacchiere internazionale».

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Che tipo, Ennio Doris. Classe 1940, da Tombolo, nato in una famiglia povera, divenuto uno degli italiani più ricchi, mai uno scandalo, mai un sospetto, unico banchiere a mettere le mani nella propria personalissima tasca (salvaguardando il patrimonio della banca) e a tirar fuori 62 milioni di euro per rimborsare il «buco» fortuitamente creato a 11 mila dei suoi clienti (su vari milioni) dal crac della Lehman (convincendo Berlusconi a fare lo stesso, per la sua quota). Doris e Berlusconi, il primo è ormai il Ritratto di Dorian Gray al contrario del secondo. Il Cavaliere ormai appare triste e grigio, lui più invecchia è più sembra avere quel «sole in tasca» che tanto è sempre piaciuto al suo amico di Arcore. Complimenti.

 

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