Colgo l’occasione dello stimolante dibattito creatosi intorno all’iniziativa della “Leopolda Blu”, per dare un modesto contributo, forse di squisita irrilevanza ma che tuttavia vuole anche aggiungere pepe a una discussione che non deve essere sterile né vacua.
Intendo calcare dolosamente la mano, perché mi piacerebbe suscitare ulteriore discussione soffermandomi non solo sul ruolo che i cattolici dovrebbero avere in questo progetto, ma chiedendomi quale tipologia di cattolici “servano” ad un progetto del genere.
Se ci rifacciamo alla esemplare figura di Don Luigi Sturzo, notiamo la sua concezione profondamente morale della vita politica, la spiritualità incarnata nel contesto sociale del suo tempo e l’esercizio della carità pastorale attraverso un impegno culturale, sociale e politico di ampio respiro. Notiamo, tra le altre cose, la capacità di un uomo politico di aggregare più forze intorno alla difesa di valori comuni e primari, immanenti all’uomo e conseguentemente “per il bene dell’uomo”. Valori – come la vita, nella sua difesa sin dal principio – che nei decenni successivi sono stati violentati dagli avversari, e strumentalizzati (il più delle volte) dai falsari.
Mi chiedo: quanti, dei cattolici oggi impegnati in politica, possono ritenersi “imitatori” del modello sturziano? Ancor di più: quanti politici cattolici oggi vogliono davvero perseguire il bene comune, nel rispetto dei valori fondamentali della civiltà che vengono prima di qualsiasi connotazione religiosa?
Quanti, pur ammirando la figura di straordinario impatto come Tommaso Moro sarebbero oggi pronti ad emularlo?
Quanti cattolici oggi possono definirsi “uomini non per tutte le stagioni”?
Queste domande sorgono spontanee dinanzi al modello di “cattolico in politica” che negli ultimi 30 anni ha prevalso in Italia. Rispettosamente parlando, e con le dovute (poche) eccezioni, la grandissima parte dei “cattolici in politica” si è letteralmente calata le braghe nella battaglie che contavano. In nome del compromesso molti hanno ceduto sui temi più importanti, lasciando invece il terreno ispido a un piccolo manipolo di coraggiosi (dai più accusati di essere dei conservatori tradizionalisti, probabilmente…) accompagnati da figure anche lontane dalla fede, ma intelligentemente attenti e sensibili ai valori che costituiscono la base della civiltà e sui quali non si può e non si deve relativizzare.
Alcuni di questi cattolici liberi e forti sono stati addirittura estromessi dal panorama politico, probabilmente assomigliavano troppo a Tommaso Moro e troppo poco all’”utile idiota” di Lenin. Evidentemente il modello vincente di questi tempi è più fondato sul consenso, su una demagogia di facile presa, sulla piena predisposizione a negoziare su tutto, fondamenta della società civile incluse. E’ la “democrazia”, bellezza.
Ma oggi, dinanzi ad un progetto come quello della “Leopolda Blu”, mi chiedo: quali cattolici si vogliono imbarcare? Mi sorgono ulteriori domande provocatorie:
– quanti sono i cattolici veri impegnati oggi in politica?
– quali risultati effettivi e concreti hanno ottenuto i parlamentari cattolici negli ultimi 30 anni in Italia?
– quanti parlamentari cattolici, in occasione di proclami pre-elezioni hanno sbandierato la propria connotazione, e quanti di loro una volta eletti si sono battuti per difendere o affermare quei valori che indiscutibilmente il cattolicesimo più di tutti gli altri tutela?
– chi ha difeso effettivamente in parlamento o nelle sedi istituzionali i valori fondativi della nostra civiltà negli ultimi 30 anni? Quanti di loro erano cattolici ?
Il problema è complesso e la riflessione continua. Ma premesso che ogni connotazione scaturisce dal comportamento, temo di vedere pochissimi cattolici e molti più “cattolici”, dove i primi sono scomodi, e dove i secondi sono utili (per la statistica).