Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Le ricette economiche del Governo – se di ricette possiamo parlare – non promettevano nulla di buono. E così è!
Quello spettro da evitare che si aggira minaccioso per l’Europa, dal nome deflazione, sembra trovare il giusto habitat in Italia ed il pericolo che un’altra crisi si abbatta non è solo un fantasma che si adombra in lontananza, ma un qualcosa di altrettanto spettrale e di assai più corposo.
Il rischio che non vi sarà nell’anno in corso nessun tangibile segnale di ripresa è sempre più corroborato dai dati sul Pil. Le stime iniziali che indicavano una crescita per il 2014 pari all’1,1% lasciano il posto, con il susseguirsi dei trimestri, ad un più mesto 0,3%.
Cos’è questa se non una stagnazione della nostra economia che il rischio deflazione potrebbe ancor più consolidare? Del resto, lo stesso intervento degli 80 euro non ha favorito, stando ai primi dati, neanche in parte la ripresa dei consumi.
Eppure, al netto di tutto ciò, la linea economica del Governo non sembra risentirne e, nonostante i buoni propostiti che si manifestano in patria, ma che scompaiono non appena si superano le Alpi, tutto rimane immutato.
Il semestre europeo di Presidenza italiana, discorsi e retoriche a parte, muove quindi i suoi primi passi in un quadro peggiore del previsto.
La vacuità di soluzioni e l’incapacità di affrontare il nodo dirimente della crescita non può certo aiutare la battaglia per arginare il fenomeno occupazionale, come dimostra il fallimento della stessa “garanzia giovani” lanciata pomposamente dal Governo Letta-Alfano.
Non servono quindi proclami. Servono capacità, competenze e lavoro. Il tutto, nella speranza che qualche bravo burocrate riesca a far capire a Renzi che la rivoluzione non si fa a colpi di tweet, post e consultazioni. Ma con interventi legislativi.