Mentre in Europa si discute sul divieto del velo integrale in pubblico (per questioni di sicurezza), le strade di Istanbul o Dubai sembrano una passerella della libertà di culto.
Accanto a donne occidentali in minigonna, scollature e tacchi alti, camminano donne musulmane coperte completamente con il burqa o l’abaya, l’abito tradizionale saudita che va dalla testa ai piedi.
Alcune case di moda internazionale sfruttano la crescita economica dei Paesi musulmani, dove c’è sempre più potere d’acquisto. Donna Karan, per esempio, ha presentato la linea DKNY Ramadan, abbigliamento di lusso in totale rispetto delle regole islamiche.
TUTTI I VESTITI ISLAMICI
Il dibattito su come le donne devono vestirsi in pubblico fa parte della legge islamica. Secondo una ricerca dell’Università di Michigan condotta in Tunisia, Egitto, Iraq, Libano, Pakistan, Arabia Saudita e Turchia, la società musulmana preferisce che le donne abbiano i capelli completamente coperti, ma non necessariamente il viso. Lo studio è stato fatto con schede raffiguranti i diversi stili di abbigliamento (niqab, burqa, hijab o chador) dei quali poteva scegliere uno.
Solo in Turchia e Libano considerano inopportuno che la testa della donna sia coperta dal velo. In Pakistan la popolazione preferisce che il viso delle donne sia visibile, mentre in Arabia Saudita preferiscono vedere soltanto gli occhi di una donna in pubblico.
IL BURQA IN BICICLETTA
Ad aprile del 2013 il Ministero islamico degli Affari esteri dell’Arabia Saudita ha annunciato un’apertura storica: le donne potranno andare in bicicletta. Ma questa nuova libertà è condizionata. Le donne possono pedalare soltanto per svago, in zone autorizzate, in compagnia di un maschio e completamente coperte dall’abaya, l’abito tradizionale saudita. Con un comunicato pubblicato dal quotidiano al Yaum, un’ong per le vittime di incidente stradali ha sconsigliato di farlo perché la scomodità dell’abbigliamento potrebbe impedire una guida sicura.