Che cosa deve succedere affinché i signori dell’eurocrazia rinsaviscano? Che cosa deve ancora avvenire perché burocrati e politici dell’Unione europea si rendano conto che occorre davvero cambiare verso, renzianamente o meno? A quale livello la disoccupazione deve arrivare affinché in Europa la smettano di ciacolare sulle solite teorie della mortifera austerità, di spesa pubblica da comprimere e di tasse se possibile da alzare ancor più?
Le domande sono sorte cercando qualche novità nel comunicato finale di ieri dell’Eurogruppo, riunione propedeutica a quella che si tiene oggi dell’Ecofin. L’esito della ricerca purtroppo è stato sconfortante, anzi nefasto. Ecco che cosa si legge nel comunicato così come riportato dalle cronache.
L’Eurogruppo torna ad auspicare un riequilibrio dell’imposizione fiscale: meno tasse sul lavoro e più tasse sul resto. Una barzelletta? No, peggio. Ovviamente la riduzione delle imposte sul lavoro è cosa buona e giusta, seppure generica. Ma è quello che è scritto dopo che non può provocare conati di anti europeismo. Ma evidentemente i signori eurocrati chiusi nei palazzi del potere non conoscono la realtà e non sanno interpretare neppure i numerini con cui si baloccano.
Ecco quello che hanno messo nero su bianco: si consiglia di trasferire parte del carico fiscale “verso imposte meno penalizzanti per crescita, come le tasse sui consumi, sulla proprietà e sul l’inquinamento”. Dunque meno imposte sul costo del lavoro ma più tributi sui consumi: e così si riavvia la crescita? Ed è quasi neutrale sul risparmio aumentare le imposte sulle prosperità, secondo i soldoni dell’Eurogruppo? E sfiancare i risparmi non ha anche un effetto deleterio sugli investimenti? E che cosa significa più tasse contro l’inquinamento? Di sicuro maggiori disparità con Stati che non hanno per fortuna gruppi mefitici come l’Eurogruppo.