Skip to main content

Perché l’Udc voterà le riforme di Renzi. Parla D’Onofrio

Hotel Bernini, direzione nazionale dell’Udc. All’ordine del giorno come procedere con un nuovo soggetto politico alternativo a Matteo Renzi, in attesa del consiglio nazionale del prossimo 25 luglio. Viene approvata la relazione del segretario Lorenzo Cesa che lancia un appello alle forze al di fuori del Pd, che sono nella maggioranza di Governo; appello aperto ai movimenti nella società e alle persone, “per la nascita di un soggetto politico che si rivolga alle nuove domande emerse nella società che, oggi, si rifugiano nell’astensione o nella protesta, superando da subito le attuali sigle di partito e che definisca con chiarezza la propria identità e la propria prospettiva partendo dalle proposte e dal radicamento territoriale”.

Al centro del dibattito ci sono l’identità politica che si vuole dare alla nuova realtà e il suo rapporto con il governo. Sostenere o meno le sue riforme? La risposta che arriva dal partito guidato da Cesa e Pier Ferdinando Casini è sì.

Spiega il perché a Formiche.net il costituzionalista Francesco D’Onofrio incaricato di tenere una relazione introduttiva proprio su questo tema: “La prima motivazione è di carattere mitologico. Siamo europeisti e vogliamo concorrere alla flessibilità nell’Ue. Per raggiungere questo obiettivo, Renzi deve essere credibile a Bruxelles. E la sua credibilità passa dall’aver portato a casa le riforme. Per questo, le sosterremo a prescindere”, commenta.

Nel merito poi, l’Udc dovrà puntare i piedi su due questioni che ne contraddistinguono la sua identità, fa notare D’Onofrio: “L’equilibrio istituzionale e territoriale. In questo senso, sono stati inseriti negli ultimi giorni due emendamenti apprezzabili. Il primo è l’emendamento Gotor che prevede per l’elezione del capo dello Stato la maggioranza assoluta dal nono scrutinio in poi. Non è ancora abbastanza ma va nella direzione giusta, e cioè quella di una soluzione condivisa”.

La seconda novità elogiata dal professore è la reintroduzione del “federalismo a velocità variabile, una modifica del Titolo V che realizza un equilibrio tra regioni a statuto ordinario e regioni a statuto speciale. Si tratta di una proposta che feci nel 1998 a Padova ai tempi della Bicamerale di Massimo D’Alema. Noto con piacere che è stata re-inserita… Meglio tardi che mai”, conclude.



CONDIVIDI SU:

Gallerie fotografiche correlate

×

Iscriviti alla newsletter