Martedì prossimo, 22 luglio, saranno 46 anni esatti dalla morte di Giovannino Guareschi (1908-1968), il grande scrittore, giornalista, caricaturista e umorista della “Bassa emiliana”. Proprio in questi giorni esce il secondo numero de “Il Candido. Quindicinale fondato da Giovannino Guareschi”, nuova serie dello storico giornale di satira, politica e costume, ripreso da Alessio Di Mauro (direttore) ed Eugenio Bandini (condirettore) per le edizioni Pagine di Roma.
LA SATIRA FA SUL SERIO
“La satira fa sul serio”: è uno degli slogan del Candido nuova serie, il cui n. 2 del 15 luglio 2014 si può trovare nelle principali edicole o ricevere per abbonamento (una copia omaggio può anche essere richiesta scrivendo a info@pagine.net oppure telefonando al 333/67.59.574). Vi si possono leggere le rubriche “storiche” del già settimanale del sabato di Guareschi come Giro d’Italia o Visto da Sinistra/visto da destra, che fanno una certa impressione calate nell’Italia di oggi, ma sono riprese con lo stesso acume e sarcasmo. Poi le vignette, molte incentrate sul “fachiro” Renzi, i revival, come la rubrica affidata ad Enrico Beruschi, lo storico comico lanciato dal programma televisivo Drive In e, infine, le “piccanti” interviste del Candido, in questo numero rivolta a Marcello Veneziani che, “in linea” con il giornale, snocciola pensieri e giudizi graffianti e caustici sui principali protagonisti della politica di oggi, da Berlusconi a Giorgia Meloni.
Il GUARESCHI CHE ATTENDE ANCORA DI ESSERE “RIABILITATO”
Del resto il ritorno nelle edicole dello storico giornale fondato e diretto dal grande scrittore “della Bassa”, non stupisce, se le riproduzioni fotostatiche delle “mitiche” annate degli anni Quaranta e Cinquanta del Candido, pubblicate negli ultimi due decenni dalla Rizzoli, hanno riscosso un grande successo di pubblico, anche fra i giovani. Per non parlare dei libri di e su Guareschi che, ancora oggi, affollano gli scafali delle nostre librerie ed edicole. Epperò, pur sollevato dall’ostracismo e dall’oblio nel quale era stato cacciato durante la “guerra fredda” a causa dell’egemonia marxista della cultura nel nostro Paese, il Nostro attende ancora di essere “riabilitato” in qualche modo. Per esempio dalla giustizia italiana, con la quale Guareschi ha avuto non pochi problemi e, a giudizio di chi scrive ma non solo, non proprio a ragione… Ma vediamo i fatti.
LE LETTERE CONTRO DE GASPERI
Si tratta quindi di rivangare il “caso” delle due lettere rese pubbliche nel 1954 da Giovanni Guareschi sul suo giornale, che avrebbero documentato una richiesta avanzata da Alcide De Gasperi agli Alleati nel gennaio 1944 affinché questi bombardassero Roma, così da provocare una reazione popolare (fino allora non avutasi) contro il fascismo.
Si trattava di una documentazione clamorosa che, in una fase storica estremamente delicata per la Democrazia Cristiana, metteva in pericolo e grave discredito la figura ed onorabilità del leader trentino, tanto come cattolico quante come politico durante la Resistenza. L’effetto dirompente della pubblicazione delle due lettere sul Candido fu “resa vana” prima dell’inizio del Congresso di Napoli poiché, il 15 aprile 1954, la III Sezione del Tribunale Penale di Milano condannò Guareschi a quattordici mesi di reclusione e centomila lire di multa, per «[…] aver diffamato a mezzo stampa» l’allora segretario politico della D.C..
Nella prima delle due lettere, datata 19 gennaio 1944, si chiedeva al Comando militare inglese di Salerno di fornire armi ai partigiani e di bombardare obiettivi strategici alla periferia di Roma, al fine di «[…] infrangere l’ultima resistenza morale della popolazione». Nella seconda, del 26 gennaio 1944, si annunciava, ad un non meglio identificato capo partigiano, che sarebbero presto giunti dei rifornimenti e che da “Salerno” si attendeva il “colpo di grazia”. Copie di entrambe le missive giunsero nel giugno 1954 al direttore del Candido Giovanni Guareschi, corredate dall’attestazione di un notaio svizzero e dalla sottoscrizione autenticata dalla Pretura di Locarno.
“GIOVANNINO GUARESCHI, UNA STORIA ITALIANA”
Nel processo per calunnia intentato da De Gasperi contro Guareschi, il Tribunale di Milano non si peritò d’invalidare né l’autentica né la sottoscrizione ritennero sufficienti a decidere del caso le dichiarazioni dallo statista, la deposizione del destinatario della prima lettera, il comandante inglese di Salerno, tenente colonnello Bonham Carter ed il messaggio fatto pervenire ai giudici dal feldmaresciallo britannico Harold Rupert Alexander of Tunis (1891-1969). L’Assise condannò quindi per diffamazione lo scrittore romagnolo, senz’affrontare de professo la questione del falso delle due missive.
ALBERTO E CARLOTTA GUARESCHI: “NOSTRO PADRE E’ INNOCENTE
I due figli dello scrittore emiliano, tuttora viventi, cioè Alberto e Carlotta Guareschi, rimangono convinti della veridicità delle lettere allora attribuite al segretario della D.C. o, almeno, del fatto che il loro padre fosse assolutamente convinto della autenticità di entrambe: «Se non fosse stato sicuro al cento per cento non avrebbe mai pubblicato queste lettere – ha testimoniato ad esempio Carlotta Guareschi nel 1999 –. Lettere che non accusavano De Gasperi per quello che ha scritto, ma per la carta che aveva usato per scrivere quelle cose, carta del Vaticano» [Giuseppe Romano (a cura di), Giovannino Guareschi, nostro padre. Colloquio di Giuseppe Romano con Alberto & Carlotta Guareschi, in Studi cattolici, anno XLIII, n. 460, Milano giugno 1999, (pp. 436-441) p. 440]. I principali “addebiti” diretti al leader democristiano da Guareschi, riguardavano quindi la sua mancanza di lealtà nei confronti della Chiesa, che in quegli anni gli aveva oltretutto offerto rifugio ed occupazione: «Ed ecco che a un certo punto della sua deposizione – scrisse Guareschi dopo il processo –, il teste giurato signor De Gasperi afferma: perché poi avrei dovuto servirmi di lettere e di staffette per comunicare con gli Alleati, quando “proprio nel Laterano, all’insaputa dei Superiori, era stata installata una stazione radiotrasmittente, a disposizione del Gen. Bencivenga che nell’ultimo periodo fu, nello stesso tempo, rappresentante di Badoglio e uomo di fiducia delle forze partigiane?”. Il teste giurato signor De Gasperi pare non si renda conto che installare nel Laterano, all’insaputa dei Superiori, una radiotrasmittente facilmente localizzabile è una slealtà – nei riguardi del Santo Padre [Pio XII] – forse maggiore di quella di richiedere – su carta intestata del Vaticano – azioni aeree su obiettivi militari e sulla periferia non rientranti nella zone della città aperta» [Giovanni Guareschi, Un anno di reclusione: ma ho vinto io, in Candido. Settimanale del sabato, n. 17, anno X, Milano 25 aprile 1954, pp. (16-23) p. 19].
GUARESCHI-DE GASPERI, L’OMBRA DEI SERVIZI SEGRETI?
E’ arrivato quindi finalmente il momento di una rilettura, tanto dal punto di vista storico-politico quanto da quello giudiziario, della “vicenda Candido-De Gasperi”? Ne sono convinti vari accreditati saggisti, a partire dal giornalista e scrittore Alessandro Gnocchi, con il suo Giovannino Guareschi, una storia italiana (Rizzoli, Milano 1998) che, fra altri, ha offerto in maniera documentata e convincente una lettura non acritica e liquidatoria della condanna di Guareschi. Per non parlare poi dei più recenti sospetti di una longa manus dei servizi segreti italiani nella manipolazione, dietro le quinte, di quello che è stato giustamente definito «uno dei più velenosi casi giudiziari del secondo dopoguerra» (Roberto Festorazzi, Guareschi-De Gasperi, l’ombra dei servizi, in Avvenire, 25 aprile 2012). E’ tempo proprio di un legittimo “revisionismo” anche su questa drammatica pagina della storia italiana. E, quindi, come si diceva di recente, anche noi desidereremmo si approfittasse di questo revival guareschiano per chiedere: se non ora quando?