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Tramonto inglorioso di un grande leader

Che Silvio Berlusconi possa essere annoverato tra i grandi personaggi politici della Repubblica credo non vi possa essere dubbio. Che il suo carisma e la sua empatica abbiano trasformato, per non dire stravolto, la stessa idea di leadership è altrettanto acclarato. Che, infine, un’evidente inadeguatezza culturale sia la vera causa dell’inevitabile quanto inesorabile tramonto è semplicemente una costatazione.

I fatti parlano a chi ha orecchi per intendere. Il primo Berlusconi era accerchiato, consigliato, “coccolato”, aiutato, sorretto da pensatori e pensatrici (abiuro, per cultura, la parola intellettuale) anche di sinistra. L’ultimo Berlusconi è, per contro, assediato da due cerchi magici in costante “guerra” tra loro ed accerchiato da uno stuolo di avvocati.

È in questi due affreschi: l’alfa e l’omega, che si racchiude la fine ingloriosa di un’epoca. Di un’intuizione politica divenuta consenso all’ennesima potenza e degenerata in una “avvilente” battaglia di potere.

E quando una politica abdica alla sua vocazione “di futuro” per divenire, contro natura, potere tra i poteri – se non, come in caso di specie, potere sui poteri – la sua fine è inevitabilmente segnata.
Altro che toghe rosse, che traditori, che processi seppure troppi, poco giustificabili o politicamente ispirati.

In un ventennio di aspettative non soddisfatte si è consumato il senso dell’avvento berlusconiano e, con esso, l’essenza stessa del centrodestra: una categoria coniata, incarnata e impersonata dalla figura di Silvio Berlusconi. Due destini inscindibili ed irrimediabilmente archiviati dalla storia. Insistere nell’idea di una “risurrezione” o “rifondazione” del centrodestra, è pura retroguardia.

Oggi la prospettiva riformatrice, quella che animò la prima Forza Italia e investi l’imprenditore prestato alla politica come suo “condottiero”, è incarnata dal “nuovo” PD. Da quel Matteo Renzi del 40,8% a cui, non a caso, si contrappongono i conservatorismi corporativi di centro, di destra e di sinistra (interni allo stesso PD) assieme ad un “populismo-paranoico” proprio delle sessantottine forze extraparlamentari.

Corsi e ricorsi di una storia patria che alterna, come nel giuoco delle perle di vetro, leader di destra con sensibilità di sinistra (Andreotti e Berlusconi) e leader di sinistra con prospettive ideali e progettualità di destra (Craxi e Renzi).

In gioco c’è, allora come oggi, il futuro di un Paese che ormai ha l’obbligo di decidere cosa farà da grande!



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