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Perché l’Italia è uscita ammaccata dal vertice sulle nomine a Bruxelles

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Sei settimane d’estate: non c’è neppure una suggestione cinematografica a stemperare la delusione per il rinvio delle nomine dei vertici dell’Ue deciso dai leader dei 28. La nuova data cerchiata sull’agenda europea è il 30 agosto, un sabato, alle 16.

In sé, nulla di grave, perché gli incarichi da rinnovare scadono il 1° novembre: tempo per scegliere ce n’è. Ma la candidatura italiana di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea esce ammaccata dal Vertice. E i metodi guasconi del ‘negoziato all’italiana’ non è detto che giovino a tenerla a galla.

Lasciando il Vertice – il primo, nel semestre di presidenza di turno italiana del Consiglio dell’Ue -, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha lamentato che l’incontro “avrebbe potuto essere un po’ più incisivo se fosse stato organizzato meglio”. “Siamo venuti tutti a Bruxelles per sentirci dire che l’accordo non c’era: la prossima volta Van Rompuy può mandare un sms e farci risparmiare il volo di stato”.

E, la vigilia del Vertice, il sottosegretario agli Affari Europei Sandro Gozi, constatata l’opposizione alla Mogherini di “10-11 Paesi” – la conta l’aveva fatta il neo-presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker – aveva lanciato la sfida: “Decideremo a maggioranza”. Forse, un’altra volta.

Occasione per ripensarci?
E c’è chi, esperto delle dinamiche europee – ex premier, ex commissari, eurodeputati, diplomatici, pensa che il flop del Vertice delle Nomine offra al Governo Renzi l’occasione per ripensarci: l’Italia, infatti, avrebbe più interesse a una presenza solida e costante nell’esecutivo comunitario, dove transitano molti dossier per lei cruciali, invece del prestigio di facciata dell’Alto rappresentante, spesso assente dalle riunioni del collegio.

Doroteo per tradizione democristiana, il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy l’ha presa larga e tonda, per spiegare il rinvio: “Non abbiamo voluto concentrarci su un nome solo, quello dell’Alto commissario… Vogliamo arrivare a un pacchetto di nomine, anche sul presidente del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo” e, magari, sulla ripartizione degli incarichi più pesanti nella Commissione europea.

“O l’accordo sarà globale o non ci sarà,aggiunge Van Rompuy. Sono sicuro che il 30 agosto avremo la decisione finale”.

Nel frattempo, andranno avanti le consultazioni fra i 28, mentre Juncker lavorerà alla composizione dell’esecutivo: fra i nodi da sciogliere, l’ipotesi di creare agglomerati di competenze intorno a commissari ‘seniores’, magari con il ruolo di vice-presidenti, come rimedio alla ‘parcellizzazione’ degli incarichi; e l’assegnazione di posti chiave, come quello di responsabile per gli affari economici e monetari, dove potrebbe andare l’ex ministro francese Pierre Moscovici.

Il nodo dell’Alto Rappresentante

Il 16, Juncker è stato invitato a uno scambio di vedute coi leader sulle priorità della legislatura e pure sulla composizione della Commissione.

Nel discorso programmatico al Parlamento europeo, prima di ottenere l’investitura dell’Assemblea il 15, Juncker aveva sollecitato i Paesi a proporre molti nomi femminili per il prossimo esecutivo e aveva auspicato per la politica estera “una figura d’esperienza” – la Mogherini è ministro degli Esteri da meno di 6 mesi. L’Alto rappresentante ha più ruoli: è vice-presidente della Commissione e presiede il Consiglio dei Ministri degli Esteri.

Il Vertice delle Nomine, che doveva proprio designare il successore di Catherine Ashton alla guida della politica estera europea per i prossimi cinque anni, ha registrato molte opposizioni alla candidatura italiana sostenuta dai leader socialisti, che, come ha confermato il presidente François Hollande, puntano a quel posto, dopo che il popolare Juncker ha avuto la presidenza della Commissione.

L’opposizione di un gruppo di paesi baltici, Lituania in testa, e dell’Europa centro-orientale, diffidenti per un’asserita posizione ‘filo-russa’ dell’Italia nella vicenda ucraina, e, inoltre, l’inesperienza hanno costituito ostacoli insormontabili in questa fase.

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Giampiero Gramaglia è consigliere per la comunicazione dello IAI

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