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La riforma del Senato vista alla Eugène Ionesco

Come diceva Ennio Flaiano, la situazione politica in Italia è grave ma non seria. L’aula di Palazzo Madama sta diventando una specie di teatro dell’assurdo. In scena, uno scontro sulla riforma del Senato che conferma l’atavica capacità nazionale di mescolare il dramma con la farsa. Un soggetto degno delle migliori commedie di Eugène Ionesco.

Se il percorso della riforma si sta trasformando in un vero e proprio Calvario per Matteo Renzi (ma la croce la porta Maria Elena Boschi), una buona parte della responsabilità è di chi ha immaginato una proposta confusa e pasticciata. Che la riforma sia avversata perché rappresenterebbe un attentato alla democrazia repubblicana, è invece un sintomo allarmante del degrado in cui versa la battaglia politica e delle idee nel nostro Paese.

Siamo alle comiche (purtroppo, non finali). Il senatore del Pd Corradino Mineo ha vantato l’incoraggiamento di un monsignore del Vaticano alla sua lotta contro il progetto di legge. La senatrice pentastellata Nunzia Catalfo ha pianto a dirotto per lo scempio della Costituzione. Il senatore di Gal Vincenzo D’Anna ha tirato in ballo Karl Popper e Tommaso Moro, LockeHobbes per difendere i principi del liberalismo (ci sarebbe da discutere, ma lasciamo stare). Il senatore di Fi Domenico Scilipoti ha detto che, a differenza di Sant’Agostino, lui non vede la luce in fondo al tunnel.

Mao Tse Tung diceva che la via più breve per la rivoluzione è quella che passa tra due citazioni. Qui le citazioni servono per allungarla. Ma il Senato e i senatori non era meglio abolirli?



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