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Pannella contro Putin, nel 2000 un caso di infowar all’Onu

Un interessante libro di Marco Perduca (“Operazione Idigov”, editore Reality Book) riporta alla luce in questi giorni il confronto che si tenne nel 2000 al Comitato economico e sociale dell’ONU (Ecosoc), dove il Partito radicale rischiò l’espulsione per un’efficace offensiva diplomatica imbastita dalla Federazione Russa.

UN PARTITO TRANSNAZIONALE
Perduca è storico militante di prima fila delle battaglie radicali per i diritti umani. Un ambito di riferimento fondamentale di queste battaglie è naturalmente il Palazzo di Vetro e nello specifico la Commissione Ecosoc, in cui il Partito radicale transnazionale venne accolto come organizzazione con status consultivo già dal 1995. Sta qui la scommessa di Marco Pannella e dei suoi, di fare di un gruppo di intellettuali nato dalle polemiche liberali del Mondo di Pannunzio un’organizzazione “di servizio” per tutti i popoli oppressi. Dai montanari del Laos ai monaci tibetani, dai musulmani di Bosnia a quelli di Cecenia è stata, quella dei radicali, per lungo tempo una battaglia isolata sul piano nazionale. In Italia la tendenza a guardare solo agli interessi immediati e talora a una deprecabile interpretazione “minimale” e straprovinciale della Realpolitik (che aveva ben più nobili moventi nelle sue origini) ha fatto sì che gli orizzonti più lontani venissero lasciati sullo sfondo come marginali.

LO SCONTRO CON MOSCA
Tuttavia è proprio sulla frontiera orientale che l’offensiva radicale ha trovato più difficoltà ad esprimersi. L’appoggio all’indipendenza della Bosnia nei primi anni Novanta metteva a repentaglio la mappa della ex-Jugoslavia delineata secondo gli interessi della Russia, da sempre vicina alla Serbia. E la decisione di sostenere le istanze di Grozny nel corso della seconda guerra di Cecenia (1999-2000) non poté che attrarre l’attenzione di Mosca, impegnata in una lotta al contenimento del revanscismo islamico nel Caucaso che poi, dal 2001, avrebbe trovato l’ampia convergenza e solidarietà americana.

ACCUSE INFONDATE
Ma poco prima che questo accadesse, tra marzo e ottobre del 2000, si sviluppò all’Ecosoc di Ginevra la posizione russa, che chiedeva l’espulsione dei radicali per tre anni, adducendo la loro vicinanza al “terrorista” Idigov, rappresentante del governo ceceno all’ONU, che aveva scelto i radicali come partner di tribuna nella denuncia dei crimini russi nella guerra in Caucaso. Questo è il nucleo del libro. Mail, fax, trasmissioni radio, una lunga battaglia di posizione in cui i radicali, guidati allora dal belga Olivier Dupuis, dovettero farsi largo nelle maglie strette di una diplomazia fatta di bizantinismi e parole felpate e contro una “corazzata” onusiana come la Russia, che dimostra per l’ennesima volta, in queste pagine, una non comune capacità di creare e gestire dossier.

L’OMBRA DI PUTIN
Aleggia su questa vicenda l’ombra dell’ex capo del KGB responsabile di Germania Ovest, Austria e Svizzera: Vladimir Putin, che in quei mesi consolidava il suo potere in Russia anche grazie ad una riuscita e cruenta offensiva contro i guerriglieri ceceni. Senza il discreto potere di persuasione “dietro le quinte” attraverso una vasta rete di agenti locali sarebbe difficilmente pensabile infatti tutta la vicenda, dove le accuse russe, pur prive di riscontri fattuali, ressero alla prova dei vari dibattiti per molti mesi, arrivando a convincere delle loro ragioni molti Stati membri, prima del voto finale che “salvò” i radicali. Perfino gli americani, che in quella fase erano attraversati da forte ostilità verso il tema anti-proibizionista incarnato dai radicali, appaiono nel libro di Perduca piuttosto paludati e cauti.



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