The content is the king. Soprattutto se è “branded”. Questo è quanto si può affermare leggendo “Branded Content. La nuova frontiera della comunicazione d’impresa”, il libro (edito da Franco Angeli) scritto a quattro mani da Paolo Bonsignore, direttore marketing di Illycaffè, e Joseph Sassoon, fondatore e Presidente di Alphabet, istituto specializzato nella ricerca qualitativa e nell’analisi della comunicazione e l’immagine a livello internazionale.
L’intento del volume è definire con parole chiare ed esempi pratici una strategia di comunicazione che alcune aziende iniziano a utilizzare – poiché ne hanno compreso le enormi potenzialità – ma che è ancora poco conosciuta nel nostro Paese, sempre un po’ lento a recepire e assorbire nuovi modelli di business.
Ma che cos’è, dunque, il “Branded Content”? Come ci spiegano i nostri autori, è «un nuovo modo di comunicare che modifica radicalmente le relazioni che l’azienda intrattiene con i suoi pubblici, le sue agenzie di comunicazione e i media, nonché la natura stessa dell’azienda, la sua missione e la sua struttura organizzativa». E come nasce questa innovativa strategia d’impresa? «L’avvento delle nuove tecnologie, delle nuove piattaforme comunicative e dei social media – spiegano ancora gli autori – ha determinato un contesto nel quale la pubblicità classica sta perdendo molta della sua tradizionale capacità di presa sul pubblico. Pur conservando una sua ragione d’essere (e rimanendo per la verità ancora prevalente in termini di investimenti), questa modalità di comunicazione intrinsecamente unidirezionale rappresenta infatti il passato». Ed è proprio in questo quadro che emerge con maggiore chiarezza l’importanza di una forma di comunicazione per molti aspetti innovativa ma di cui ancora si conosce poco.
Ciò che cambia è l’approccio. L’impresa non si limita più a produrre “cose”, come si era soliti pensare nella sua visione tradizionale. Le aziende oggi creano anche “cultura”. Offrono, cioè, contenuti informativi, educativi o di intrattenuimento coerenti con i valori aziendali, dotati di senso dal punto di vista del pubblico e interessanti a tal punto da «indurre i broadcaster a trasmetterli a costo zero e le audience a recepirli per adesione spontanea e con forti motivazioni partecipative».
I fattori che stanno contribuendo a diffondere questo nuovo modo di intendere non solo la comunicazione, ma complessivamente la cultura d’impresa, sarebbero essenzialmente tre: la necessità delle aziende di limitare i costosi investimenti in pubblicità, l’impulso e l’influenza dei social media che stimolano le imprese a diventare “editori” capaci di proporre validi contenuti informativi ed educativi e la disponibilità da parte dei media (TV inclusa) a ospitare contenuti di qualità di fonte aziendale, a costi quasi pari allo zero.
Insomma, gli equilibri tradizionali all’interno dell’azienda stessa e tra l’impresa e suoi interlocutori stanno cambiando e Bonsignore e Sassoon, riescono a condensare e illustrare in meno di 100 pagine l’origine e gli sviluppi di questa “rivoluzione”. Ma i due autori, come anticipato, non si fermano alla teoria. Per far capire a fondo l’importanza di questa strategia comunicativa, vengono analizzate cinque rappresentative case history: Illy, Hyunday, CocaCola, Lacta Greece, IBM.
Non mancano, poi, una serie di indicazioni concrete su come avviare un’iniziativa di Branded Content. Perché la vera sfida, superata la fase 1 (e cioè quella dell’approccio alla materia), è riuscire a sviluppare contenuti in cui l’elemento di advertising si amalgami in maniera armoniosa con l’elemento narrativo, apportando valore aggiunto al brand.
di Alma Pantaleo