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Il peso del debito sull’economia cinese

Pubblichiamo un articolo di Affari Internazionali

Nelle scorse settimane entrambe le due maggiori organizzazioni finanziare internazionali – la Banca mondiale (Bm) e il Fondo monetario internazionale (Fmi) – hanno analizzato le prospettive economiche della Repubblica popolare cinese (Rpc), evidenziando gli ambiti prioritari di intervento per le misure di riforma. Non stupisce che su questi ultimi le indicazioni delle due istituzioni di Washington coincidano nella sostanza.

Nell’aggiornamento sullo stato dell’economia cinese pubblicato a inizio giugno, la Banca Mondiale, oltre a riassumere il quadro emerso dai dati del primo trimestre (commentati nello scorso numero di OrizzonteCina), ha presentato l’outlook per i prossimi anni (Tabella 1).

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Il rapporto prevede una sostanziale tenuta dell’economia cinese, con una crescita che ancora quest’anno dovrebbe attestarsi poco al di sopra dell’obiettivo dichiarato dal governo, il 7,5%. Un simile livello di crescita è stato previsto anche dal Fmi sia nell’aggiornamento di aprile del World Economic Outlook, sia a seguito della più recente missione di consultazione nella Rpc.

Secondo la Bm, poi, i livelli di crescita dei redditi (urbani e rurali), insieme all’incremento atteso nelle spese di protezione sociale, contribuiranno quest’anno a un aumento dei consumi, il cui contributo atteso in termini di crescita totale del prodotto interno lordo (Pil) sarà di circa 3,9 punti percentuali.

D’altra parte, la spinta degli investimenti si dovrebbe ridurre, contribuendo per 3,6 punti percentuali, a causa dei restringimenti dell’offerta di credito così come della riduzione dei prezzi delle proprietà immobiliari. Infine, vi è l’attesa di un miglioramento della domanda mondiale, che dovrebbe spingere nuovamente le esportazioni verso valori più elevati a partire dalla seconda metà dell’anno in corso.

Altre variabili, incluse inflazione e occupazione, rimangono abbastanza stabili. Il mercato del lavoro, in particolare, appare piuttosto dinamico, con 13 milioni di nuovi posti nelle aree urbane creati nel 2013 e 3,4 nel primo trimestre di quest’anno, il che fa prevedere il raggiungimento dell’obiettivo di 10 milioni di nuovi posti di lavoro nel 2014. Più in generale, appare evidente come vi sia un tendenziale allineamento nel 2014 con gli obiettivi fissati dal nuovo governo nel 2013 (Tabella 2).

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Permangono tuttavia forti incertezze sulla situazione macroeconomica. Se dal punto di vista congiunturale il quadro per il resto dell’anno non è del tutto certo, vanno segnalate le questioni identificate dalla Banca mondiale e dal Fmi come prioritarie dal punto di vista delle riforme. Le istituzioni di Washington hanno entrambe scoraggiato il ricorso a nuovi programmi di stimolo per mantenere gli obiettivi di crescita, mentre hanno suggerito azioni concrete sul sistema dell’accesso al credito (incluso lo shadow banking) e sul debito dei governi locali.

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Marco Sanfilippo, research fellow, Robert Schuman Centre for Advanced Studies, Istituto Universitario Europeo


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