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Intesa, Unicredit, Mps, perché Prometeia è ottimista sul futuro delle banche italiane

La redditività del sistema bancario italiano, con la crisi finanziaria prima e quella del debito sovrano poi, si è fortemente ridotta, mettendo a dura prova il modello tradizionale di intermediazione delle banche nazionali, poco esposte ai titoli strutturati complessi e maggiormente focalizzate sull’attività di erogazione del credito a imprese e famiglie. Negli anni precedenti la lunga fase di crisi i profitti erano infatti in gran parte generati dalla crescita dei volumi di intermediazione e dalla possibilità di ottenere fondi a costi contenuti. Il flusso dei ricavi delle banche italiane è infatti stato mediamente in crescita fino al 2008, beneficiando anche dell’ampiezza della forbice bancaria, che nel periodo 2003-2008 era intorno al 4% medio.

Tra il 2008 e il 2013, invece, il margine di interesse da clientela si è più che dimezzato (scivolando intorno ai 20 miliardi di euro dai 41.8 miliardi del 2008), con conseguenti ricadute sulla redditività complessiva delle banche nazionali, che si è sostanzialmente azzerata nel biennio 2012-’13. A questo ha in parte concorso il deciso calo della forbice bancaria – che si è ridotta in media di quasi 1 punto percentuale nel 2009-’13 rispetto al 2003-‘08.

Dal 2009 le pressioni sulla forbice bancaria sono state diverse: nel biennio 2009-’10 la caduta dei tassi di mercato ha trascinato più in basso i tassi sui prestiti alla clientela rispetto al costo dei depositi, data l’elevata incidenza dei crediti a tasso variabile nel portafoglio delle banche italiane. Dal 2011, con l’aggravarsi della crisi dei debiti sovrani, i maggiori costi del funding – legati dapprima al venir meno della disponibilità delle fonti di finanziamento sui mercati internazionali, poi alla maggiore percezione della rischiosità degli attivi e infine al loro grado di patrimonializzazione – sono stati solo in parte compensati dall’ampliamento dei tassi di interesse sui crediti, che si è reso necessario anche per coprire il maggior rischio dei prenditori. Sì è pertanto intensificato il calo del mark down, ovvero del margine unitario dei depositi – misurato dalla differenza tra i tassi di mercato euribor e il tasso medio pagato alla clientela – divenuto negativo nel 2012. La forbice ha così raggiunto il punto di minimo a fine 2012, per poi portarsi nel 2013 su valori medi del 2.7%.

Mediamente anche i sistemi bancari dell’Eurozona hanno sperimentato il calo della forbice tra i tassi, sebbene con minore intensità rispetto a quanto registrato in Italia. Per esempio, in Spagna e in Francia la forbice bancaria – storicamente più bassa di quella italiana – è passata dal 2.8% medio del 2003-2008 al 2% e al 2.4% rispettivamente del periodo 2009-2013. In Spagna, infatti, il forte ampliamento del mark up – misurato dalla differenza tra il tasso medio sui prestiti e i tassi euribor – a partire dal 2009 non ha contrastato la riduzione del mark down, divenuto negativo nello stesso anno a causa del permanere di tassi di remunerazione elevati sui depositi – in particolare di quelli a durata prestabilita.

Una situazione diversa si è verificata in Francia: la forbice bancaria si è progressivamente ridotta tra il 2004 e il 2008, per effetto del maggior peso dei finanziamenti erogati a tasso fisso, che non ha permesso il repricing del portafoglio crediti all’aumento dei tassi di mercato, che ha al contempo determinato un progressivo incremento del costo dei depositi; dal 2009 invece, mentre i tassi sui prestiti iniziavano a scendere, i tassi sui depositi sono dapprima calati per poi tornare a crescere a partire dal 2010, spinti dall’incremento della remunerazione dei depositi rimborsabili con preavviso – regolamentata dallo Stato – e dei tassi ancora elevati dei depositi con durata prestabilita. Anche in Germania si è verificata una situazione simile, ma qui a partire dal 2009 il calo più rapido dei tassi sui depositi rispetto a quelli sui crediti a famiglie e imprese ha favorito l’ampliamento della forbice, che si è così stabilizzata sui valori medi storici del 3.3%.

In Italia nei primi sei mesi del 2014 è proseguito l’ampliamento della forbice bancaria, già osservato nel corso del 2013, grazie al miglioramento delle condizioni di accesso ai mercati della raccolta seguito alla riduzione del rischio sovrano. Tale dinamica si dovrebbe accentuare nei prossimi mesi e proseguire nel 2015 (Previsione dei Bilanci Bancari – aggiornamento di luglio 2014), quando cioè il costo del funding diminuirà ulteriormente, influenzato dalla riduzione di 10 punti base dei tassi di riferimento attuata lo scorso giugno e dall’effetto sostituzione della raccolta retail con quella messa a disposizione dalla Bce con le nuove operazioni di rifinanziamento (Targeted Longer-Term Refinancing Operations, Tltro).

Ciò sosterrà pertanto il ritorno alla crescita del margine di interesse delle banche italiane. È indubbio, tuttavia, che gli effetti degli anni di crisi sulla redditività della raccolta delle banche italiane non siano transitori, ma costituiscono un elemento di rottura e impongono una revisione delle strategie di business. Riteniamo perciò difficile il ritorno della forbice bancaria ai livelli pre-crisi per la difficoltà, con tassi di mercato ancora bassi a lungo, per le banche italiane di conseguire come in passato redditività dalla raccolta dalle famiglie.


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